HomeSaluteImmunoterapia: ingegnerizzazione del sistema immunitario per uccidere le cellule tumorali

Immunoterapia: ingegnerizzazione del sistema immunitario per uccidere le cellule tumorali

Alla fine del 2015, l’ex Presidente Jimmy Carter ha annunciato che era libero del melanoma metastatico che si era diffusa al suo fegato e cervello. Oltre alla chirurgia e radioterapia, Carter è stato trattato con un farmaco per l’immunoterapia, un nuovo approccio nel trattamento del cancro che ha una prospettiva promettente.

(Vedi anche: Leucemia avanzata: remissione dopo l’immunoterapia).

Un gruppo di ricerca dell’Università di Notre Dame, guidato dal chimico Brian Baker sta sviluppando una nuova immunoterapia, un trattamento che migliora la funzione del sistema immunitario al fine di curare o prevenire le malattie, da utilizzare come un mezzo per colpire e uccidere le cellule tumorali in modo più efficace.

Secondo Baker, ” l’immunoterapia sta cambiando il modo di trattare il cancro”.

Le cellule T svolgono un ruolo fondamentale nel sistema immunitario attaccando gli agenti patogeni e cellule tumorali. Lo studio, recentemente pubblicato sulla rivista Structure, mostra come i recettori delle cellule T possono essere progettati per la specificità e la funzione e fornisce nuovi metodi per la creazione di recettori delle cellule T che sono in grado di indirizzare gli antigeni tumorali specifici, sostanze nocive che inducono l’organismo a produrre anticorpi.

Le cellule T, geneticamente modificate per esprimere “recettori progettati”, sono state esplorate negli studi clinici. Baker ed i suoi collaboratori hanno mostrato come questi recettori possono essere ulteriormente progettati per riconoscere antigeni specifici sulla superficie delle cellule tumorali, consentendo una risposta immunitaria maggiore e più diretta contro il cancro, con una precisione simile a quella di un laser.

“Il nostro studio apre la strada al trattamento personalizzato del cancro grazie alla progettazione di recettori specifici delle cellule T, con proprietà ottimali di riconoscimento dell’antigene”, ha concluso Baker.

Fonte: Notre Dame News

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