HomeSaluteCervello e sistema nervosoSvelato il mistero dell'azione del farmaco Tecfidera nel trattamento della sclerosi multipla

Svelato il mistero dell’azione del farmaco Tecfidera nel trattamento della sclerosi multipla

Uno studio condotto da scienziati dello Scripps Research Institute (TSRI) ha contribuito a districare i meccanismi molecolari attivati dal farmaco Tecfidera nella sclerosi multipla (SM). Il farmaco è attualmente, la terapia più prescritta per la sclerosi multipla, ma il suo meccanismo d’azione è ancora sconosciuto.

Usando una nuova tecnologia che può rivelare rapidamente i bersagli proteici di un farmaco, gli scienziati hanno dimostrato che Tecfidera interagisce con più proteine delle cellule T, in alcuni casi, inibendo la loro attività e contribuendo a sopprimere l’attivazione delle cellule T, che è una caratteristica fondamentale della SM.

Lo studio è stato riportato di recente in Science Signaling .

La sclerosi multipla è una malattia autoimmune del cervello con danni alle fibre nervose e la produzione di una serie di sintomi, tra cui formicolio alle estremità, debolezza muscolare, spasmi muscolari, disturbi della vista e instabilità dell’umore. Circa 2,5 milioni di persone in tutto il mondo sono colpite da MS.

Due grandi studi clinici pubblicati nel 2012, hanno scoperto che Tecfidera è quasi due volte più efficace dei farmaci standard utilizzati per la SM nel ridurre il tasso di infiammazione e sembra anche rallentare la progressione della malattia. Ma come Tecfidera funziona non è mai stato chiarito nonostante la sua recente (2013) approvazione da parte della FDA per il trattamento della sclerosi multipla.

Si tratta di un semplice composto organico, dimetil fumarato (DMF), presente nella letteratura biomedica da decenni. Un tempo era usato in Europa per prevenire la formazione di muffe nei divani durante lo stoccaggio e il trasporto. L’Unione europea ne aveva vietato l’uso nei prodotti di consumo nel 2009, dopo che è il composto era stato legato a reazioni cutanee allergiche gravi. Il dimetil fumarato si è dimostrato in seguito, più utile nell’applicazione farmaceutica: dal 1990 è stato utilizzato come composto principale nel farmaco Fumaderm per il trattamento della psoriasi, malattia della pelle autoimmune. Il successo contro la psoriasi ha portato alla sua indagine come un potenziale farmaco per la SM.

Fino a poco tempo fa, la teoria principale era che DMF lavora contro la SM principalmente attraverso l’incremento dell’attività di una proteina chiamata Nrf2, che aiuta a proteggere il cervello dai danni autoimmuni attraverso una potente risposta anti-ossidante che può anche ridurre l’attivazione del sistema immunitario. Studi pubblicati nell’ultimo anno hanno suggerito, tuttavia, che DMF funziona principalmente riducendo l’attività del sistema immunitario e lo fa indipendentemente da Nrf2. Negli ultimi anni, ci sono stati diversi casi tra i pazienti che assumono Fumaderm o Tecfidera di una potenzialmente fatale infezione cerebrale virale chiamata leucoencefalopatia multifocale progressiva, che normalmente si verifica solo in persone il cui sistema immunitario è gravemente indebolito.

Per avere un quadro più chiaro dei percorsi attraverso i quali DMF lavora contro la sclerosi multipla, il co-autore senior dello studio, Benjamin F. Cravatt, Presidente del Dipartimento di Fisiologia Chimica presso il TSRI e il primo autore dello studio la Dr.ssa Megan M. Blewett, dottoranda presso il TSRI, in collaborazione con John R. Teijaro del TSR, hanno dimostrato che DMF inibisce l’attivazione delle cellule T umane. Per identificare le proteine che DMF ha come obiettivo in queste cellule, il team ha utilizzato un nuovo strumento di ricerca sviluppato nel laboratorio di Cravatt. Descritto in un articolo in Nature Methods nel 2014, lo strumento consente ai ricercatori di mappare globalmente gli obiettivi di un dato composto farmacologico in un campione complesso di proteine, anche in molte migliaia di proteine contenute in cellule vive coltivate una Piastra di Petri, in laboratorio. Il processo rivela in particolare dove un composto produce forti legami “covalenti” con gli amminoacidi delle proteine e in particolare con la cisteina che è un obiettivo comune di molte molecole di farmaci reattivi come DMF.

Si tratta di un approccio di proteomica chimica usato dai ricercatori per identificare i residui di cisteina nelle proteine umane in cellule T che reagivano con DMF. L’ obiettivo, la chinasi PKCθ, contiene due residui di cisteina che sono state indirizzate da DMF che ha impedito a PKCθ di interagire con la costimolazione delle cellule T del recettore CD28 e mediare l’attivazione delle cellule T a  pieno.

Il team di ricerca ha scoperto che all’interno delle cellule T umane attivate, DMF reagisce con la cisteine in circa 50 proteine diverse. Le proteine interessate comprendono gli enzimi e regolatori di attività dei geni. “Molte sono note come membri della via di segnalazione NF-kB, un percorso critico per l’attivazione delle cellule T”, ha spiegato Blewett.

Il team ha confermato che DMF blocca l’attivazione delle cellule T e che lo fa, almeno in parte, producendo effetti immunomodulatori  modificando residui di cisteina nelle proteine.  “Spesso diamo per  scontato che un dato farmaco agisce colpendo un bersaglio, ma DMF probabilmente produce i suoi effetti immunomodulatori colpendo bersagli multipli”, ha detto Blewett.

Cravatt, Teijaro, Blewett ed i loro colleghi stanno ora utilizzando la “mappa target” generata da questo studio per perseguire lo sviluppo di altri composti che possono modulare l’attività immunitaria in modo più preciso.

Fonte: Science Signaling

 

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