HomeSaluteCervello e sistema nervosoSM: nuovi indizi genetici sul rischio

SM: nuovi indizi genetici sul rischio

(SM-Credito immagine: StockSnap tramite Pixabay, licenza gratuita).

Un team internazionale di ricercatori guidato dal Karolinska Institutet in Svezia ha scoperto che un tipo di cellula nel sistema nervoso centrale noto come oligodendrociti potrebbe avere un ruolo diverso nello sviluppo della sclerosi multipla (SM) di quanto si pensasse in precedenza. I risultati, pubblicati sulla rivista Neuron, potrebbero aprire a nuovi approcci terapeutici alla SM.

La SM è guidata dalle cellule immunitarie che attaccano gli oligodendrociti e la mielina  che è uno strato isolante che avvolge le cellule nervose. Questi attacchi interrompono il flusso di informazioni nel cervello e nel midollo spinale e provocano danni ai nervi che innescano sintomi associati alla SM come tremori e perdita dell’andatura.

Comprendere quali meccanismi influenzano il rischio di SM è fondamentale per trovare terapie efficaci. Precedenti studi genetici hanno trovato regioni nel genoma umano che contengono mutazioni (polimorfismi a singolo nucleotide) associate a un aumentato rischio di SM.  Molte di queste regioni sono localizzate vicino a geni attivi nelle cellule immunitarie.

Vedi anche:SM: nel sistema immunitario l’arma per sbloccare il trattamento

Configurazione aperta del genoma nella sclerosi multipla

In questo studio, i ricercatori mostrano nei topi e nei campioni di cervello umano che gli oligodendrociti e i loro progenitori hanno una configurazione aperta del genoma vicino ai geni immunitari possono avere un ruolo nell’attivazione dei geni vicini negli oligodendrociti e nei loro progenitori, il che significa che potrebbero svolgere un ruolo più importante di quanto si pensasse in precedenza nello sviluppo della Sclerosi multipla.

“I nostri risultati suggeriscono che il rischio di sclerosi multipla potrebbe manifestarsi con un malfunzionamento non solo delle cellule immunitarie, ma anche degli oligodendrociti e delle loro cellule precursori”, afferma  Gonçalo Castelo-Branco, Prof.presso il  Dipartimento di Biochimica e Biofisica medica del Karolinska Institutet, che ha condotto lo studio con i co-primi autori Mandy Meijer, una dottoranda e  Eneritz Agirre, una ricercatrice. “Questi risultati indicano che queste cellule possono anche essere prese di mira per approcci terapeutici per la SM, per prevenire il malfunzionamento che potrebbe essere causato da queste mutazioni“.

Fonte:Neuron

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