HomeSaluteOcchiImportante passo avanti nella lotta alla degenerazione maculare

Importante passo avanti nella lotta alla degenerazione maculare

Immagine: Jayakrishna Ambati, MD, (a sinistra) e Nagaraj Kerur, Ph.D., hanno scoperto un innesco cruciale per la degenerazione maculare.

Una nuova ricerca rappresenta un importante passo avanti nella lotta contro la degenerazione maculare, la principale causa di perdita della vista tra gli anziani.

I ricercatori della Facoltà di Medicina dell’Università della Virginia hanno scoperto un innesco critico che causa l’infiammazione che alla fine ruba la vista a milioni di persone. La scoperta potrebbe consentire ai medici di fermare l’infiammazione precocemente, salvando potenzialmente i pazienti dalla cecità.

( Vedi anche:Degenerazione maculare: sviluppato un collirio che sostituisce le iniezioni intravitreali).

“Quasi 200 milioni di persone nel mondo sono affette da degenerazione maculare: se la degenerazione maculare fosse un paese, sarebbe l’ottava nazione più popolata del mondo. Questo è il grande problema”, ha affermato Jayakrishna Ambati, vice Presidente per la ricerca del Dipartimento di Oftalmologia della ‘Università della Virginia (UVA) e Direttore fondatore del UVA’s Center for Advanced Vision Science. “Per la prima volta, conosciamo un overdrive dell’infiammazione nella degenerazione maculare e così, potenzialmente, possiamo interferire molto presto con il processo “.

Nuovo trattamento per la degenerazione maculare

Ambati e Nagaraj Kerur, Assistente Professore nel Dipartimento di Oftalmologia, hanno dimostrato che il responsabiloe dello sviluppo della degenerazione maculare è un enzima chiamato cGAS. L’enzima svolge un ruolo importante nella risposta immunitaria del corpo alle infezioni, rilevando il DNA estraneo. Ma il ruolo appena identificato della molecola nella forma “secca” della degenerazione maculare legata all’età è del tutto inaspettato.

“È davvero sorprendente che nella degenerazione maculare, che per quanto ne sappiamo non ha nulla a che fare con virus o batteri, cGAS sia attivato e che questo sistema di allarme sia acceso”, ha spiegato Ambati. “Questo è ciò che porta alla uccisione delle cellule della retina e, in definitiva, alla perdita della vista “.

I ricercatori hanno notato che cGAS può essere un allarme non solo per i patogeni, ma anche per altri problemi che giustificano le risposte del sistema immunitario. L’enzima può anche svolgere ruoli importanti in condizioni come il diabete, il lupus e l’obesità e i ricercatori stanno già lavorando per creare farmaci che potrebbero inibire la sua funzione.

“Poiché l’obiettivo di cui stiamo parlando è un enzima, potremmo sviluppare piccole molecole che potrebbero bloccarlo”, ha detto Kerur. “Ci sono molti farmaci già sul mercato che prendono di mira specifici enzimi, come le statine [che sono usate per abbassare i livelli di colesterolo]”.

La scoperta è una buona notizia per i ricercatori che cercano di sviluppare nuovi trattamenti per la degenerazione maculare secca, poiché le sperimentazioni cliniche negli ultimi anni sono finite in un vicolo cieco.

“Se i pazienti hanno alti livelli di questo enzima nei loro occhi, potrebbero essere candidati per questo tipo di trattamento e questo è davvero un esempio di medicina di precisione”.

Risultati pubblicati

I risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica Nature Medicine. Il gruppo di ricerca era composto da Kerur, Shinichi Fukuda, Daipayan Banerjee, Younghee Kim, Dongxu Fu, Ivana Apicella, Akhil Varshney, Reo Yasuma, Benjamin J. Fowler, Elmira Baghdasaryan, Kenneth M. Marion, Xiwen Huang, Tetsuhiro Yasuma, Yoshio Hirano, Vlad Serbulea, Meenakshi Ambati, Vidya L. Ambati, Yuji Kajiwara, Kameshwari Ambati, Shuichiro Hirahara, Ana Bastos-Carvalho, Yuichiro Ogura, Hiroko Terasaki, Tetsuro Oshika, Kyung Bo Kim, David R. Hinton, Norbert Leitinger, John C. Cambier , Joseph D. Buxbaum, M. Cristina Kenney, S. Michal Jazwinski, Hiroshi Nagai, Isao Hara, A. Phillip West, Katherine A. Fitzgerald, SriniVas R. Sadda, Bradley D. Gelfand e Ambati.

Il lavoro è stato supportato dal National Institutes of Health (NIH), dal National Eye Institute NIH e dalla John Templeton Foundation.

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