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Caschi respiratori “CPAP” per far fronte all’emergenza COVID 19: cosa sono e come funzionano

I caschi respiratori “CPAP” sono dispositivi medici per la ventilazione artificiale che possono essere utilizzati per far fronte all’emergenza coronavirus e ridurre la pressione sui reparti di terapia intensiva. Circa il 10% dei pazienti con gravi complicanze da SARS-CoV-2, il virus  che aggredisce il sistema respiratorio, necessita infatti di ricovero in terapia intensiva per l’assistenza con la ventilazione artificiale. I posti letto in terapia intensiva sono limitati ed i reparti rischiano il collasso a causa dell’elevato numero di ricoveri.

CPAP sta per  Continuous Positive Airway Pressure o ventilazione a pressione positiva continua. Si tratta di “caschi definiti respiratori”, perchè permettono di fornire ventilazione artificiale a pazienti con difficoltà respiratorie, ma che versano in condizioni meno critiche: chi è in cura per il coronavirus, ma non ha sintomi così gravi da richiedere la degenza in terapia intensiva, indossando il casco potrà restare in reparto, senza risultare contagioso.

La ventilazione non invasiva (NIV), è ampiamente utilizzata nella gestione di pazienti selezionati con insufficienza respiratoria acuta (ARF). Il principale vantaggio teorico della NIV è evitare gli effetti collaterali e le complicazioni legate all’intubazione endotracheale (Pingleton 1988). La pressione positiva continua delle vie aeree (CPAP) può essere somministrata in modo non invasivo in varie forme di ARF.  La ventilazione assistita in modalità CPAP (Continuous Positive Airway Pressure – Pressione Positiva Continua nelle vie Aeree) consiste nel mantenimento di una pressione positiva costante all’interno delle vie respiratorie, sia in fase inspiratoria che in fase espiratoria; la frequenza respiratoria è determinata dal paziente. La CPAP esercita una pressione costante durante la respirazione spontanea nei pazienti con una pulsione respiratoria intatta e un’adeguata ventilazione alveolare. La CPAP può aumentare la capacità funzionale residua e aprire gli alveoli, migliorando l’ossigenazione e la meccanica polmonare (Katz et al. 1985). Inoltre, la CPAP può ridurre il lavoro respiratorio e dispnea nei pazienti con broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). CPAP può essere fornita da vari dispositivi. Il casco rappresenta un’interfaccia elettiva per fornire CPAP, non necessita del serbatoio convenzionale ed è applicabile anche al di fuori dell’unità di terapia intensiva.

Vedi anche: COVID 19: scoperta una proteina ​​umana che inibisce SARS-CoV-2

Esistono numerosi modelli prodotti da diverse aziende.

“La struttura di questi “caschi respiratori” ricorda quella di un elmo da palombaro, con i vari tubi che portano ossigeno ed espellono anidride carbonica. Sono trasparenti e vengono fissati attorno alla testa con delle cinghie che passano sotto le ascelle. Sono dispositivi comodi, leggeri e portatili ed hanno un costo abbastanza ridotto di circa 600/800 euro. Il loro volume interno è di diversi litri e il peso è molto contenuto: sono tutti provvisti di vari sistemi di sicurezza, come manometri per misurare la pressione interna e valvole antisoffocamento. Diversi studi clinici ne hanno dimostrato l’efficacia nel trattamento di varie condizioni che determinano insufficienza respiratoria.

Come funziona il casco CPAP

Il dispositivo viene collegato all’impianto dell’ossigeno, impianto che in Ospedale è presente in ogni singolo posto letto e se il paziente non è particolarmente critico, con questo sistema può essere ricoverato direttamente in reparto, senza intasare i reparti di terapia intensiva.  I caschi, che non sono monouso, ma mono paziente, dopo il trattamento non possono essere riutilizzati.

L’utilizzo dei “caschi respiratori” puo’ preservare i posti letto in terapia intensiva per i pazienti più gravi, evitando la saturazione e riducendo anche la pressione sul personale sanitario. Infatti, mentre serve un medico ogni quattro pazienti ricoverati per la terapia intensiva, i caschi respiratori possono essere controllati da infermieri supervisionati da un medico.

Fonte: ICU

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