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L’antimateria ha rivoluzionato la fisica ed ora l’antimemoria rivoluziona le neuroscienze

Una delle scoperte più intriganti della fisica del secolo scorso è stata l’esistenza dell’antimateria, materiale che esiste come “immagine speculare” delle particelle subatomiche della materia, come gli elettroni, protoni e quark, ma con carica opposta. L’antimateria ha approfondito la nostra comprensione dell’universo e le leggi della fisica e ora la stessa idea si propone di spiegare qualcosa di altrettanto misterioso: la memoria.

Quando i ricordi sono creati e richiamati, nuovi e più forti collegamenti elettrici sono stabiliti tra i neuroni nel cervello. La memoria è rappresentata da questa nuova associazione tra i neuroni. Ma una nuova teoria, sostenuta dalla ricerca su modelli animali e modelli matematici, suggerisce che nello stesso momento che viene creata una memoria, una “antimemoria” viene anche generata – cioè connessioni tra neuroni che forniscono il modello esattamente opposto dell’attività elettrica a dei modelli  che costituiscono la memoria originale. Gli scienziati ritengono che questo aiuta a mantenere l’equilibrio dell’ attività elettrica nel cervello.

La crescita di forti connessioni tra i neuroni, nota come un aumento di eccitazione, fa parte del normale processo di apprendimento., tuttavia, così come l’ eccitazione emotiva, anche troppa eccitazione può causare problemi.

Infatti, i livelli di attività elettrica nel cervello sono finemente e delicatamente in equilibrio. Qualsiasi eccitazione eccessiva nel cervello sconvolge questo equilibrio. Infatti, squilibrio elettrici sono considerati alla base di alcuni problemi cognitivi associati con disturbi psichiatrici e psicologici come l’autismo e la schizofrenia.

Antimatter cambiato la fisica, e la scoperta di antimemories potrebbe rivoluzionare le neuroscienze
Come l’antimemoria contrasta l’attività cerebrale di un ricordo. Credit: HC Barron et al / Neuron

Nel tentativo di comprendere gli effetti dello squilibrio, gli scienziati sono giunti alla conclusione che ci deve essere un secondo processo di apprendimento che agisce per riequilibrare l’eccitazione causata dalla nuova memoria e mantenere l’intero sistema sotto controllo. La teoria è che, proprio come abbiamo materia e antimateria, ci deve essere un’ antimemoria per ogni ricordo. Questa precisa coincidenza dell’eccitazione della nuova memoria con la sua antimemoria inibitoria impedisce una tempesta di instabilità dell’ attività cerebrale, garantendo che il sistema rimanga in equilibrio. L antimemoria lavora per mettere a tacere la memoria originale senza cancellarla.

Cosa fa l’antimemoria?

Le prove dell’esistenza dell’antimemoria finora vengono solo dal lavoro sperimentale condotto su ratti e topi e da prove di modellazione. Questi esperimenti richiedono la registrazione diretta dall’interno del cervello mediante elettrodi e dato che mettere sonde di metallo nei cervelli umani non è possibile, gli scienziati non sono ancora stati in grado di supportare direttamente la presenza dell’antimemoria negli esseri umani. In un documento appena pubblicato dalla rivista Neuron, un team di ricercatori dell’Università di Oxford e University College di Londra ha escogitato un metodo interessante per determinare se la memoria umana opera su linee simili a quelle degli animali.

I soggetti partecipanti allo studio sono stati invitati ad imparare un compito e questo ha creato una nuova memoria. Quando i ricercatori hanno utilizzato la scansione fMRI per esaminare il cervello poche ore dopo l’invito all’apprendimento, non hanno trovato alcuna traccia della memoria, poichè essa era stata “nascosta” dall’antimemoria. I ricercatori hanno poi applicato un debole flusso di energia elettrica alla zona del cervello dove si era formata la memoria (utilizzando una tecnica sicura chiamata anodica stimolazione transcranica a corrente continua ). Questo ha permesso loro di ridurre l’attività cerebrale inibitoria in questo settore – interrompendo il processo inibitorio dell’antimemoria e rivelando così la memoria nascosta.

Il diagramma sopra esposto, mostra quattro forme colorate che verranno accoppiate dal partecipante durante un compito di memoria. Quando le due coppie di forme sono state apprese, la memoria viene rappresentata dalle connessioni arancioni tra le forme. L’apprendimento di questo abbinamento ha portato ad una maggiore eccitazione nel cervello e alla formazione della memoria che è stata bilanciata dall’antimemoria inibitoria, rappresentata dalle nuove linee grigie.

Le caselle gialle che seguono, rappresentano la velocità di scarica dei neuroni durante questo processo di apprendimento. In un primo momento, prima dell’ accoppiamento, rispondono solo al quadrato rosso. Dopo aver appreso l’abbinamento dei quadrati rossi e verdi, i neuroni inviano uno stimolo. Come questa associazione si sviluppa, viene messa a tacere dall’antimemoria inibitoria ed i neuroni si attivano solo in risposta allo stimolo rosso. Nonostante la temporanea attività dell’antimemoria, l’associazione di fondo è ancora evidente.

Così sembra che negli esseri umani così come negli animali, l’antimemoria è fondamentale per evitare un potenzialmente pericoloso accumulo di eccitazione elettrica nel cervello, cosa che potrebbe portare a stati cerebrali epilettico-like e convulsioni. Si ritiene che le antimemorie possano anche svolgere un ruolo importante nell’impedire ai ricordi di attivarsi spontaneamente, cosa che porterebbe a confusione e processi di pensiero gravemente disordinati.

Proprio come la teoria matematica dell’antimateria e la sua successiva scoperta in natura è stata estremamente importante per la fisica del 20 ° secolo, sembra che l’indagine di queste antimemorie enigmatiche sarà potenzialmente rivoluzionaria per la nostra comprensione del cervello e un focus importante per il prossimo secolo.

Fonte: Medicalxpress

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