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La CocaCola provoca il Cancro. Divieto di vendita in Bolivia e modifica obbligatoria in California

La Coca-Cola cambia colore per evitare l’obbligo di segnalare elementi cancerogeni all’interno delle lattine.

La California ha infatti aggiunto l’anno scorso il composto 4-methylimidazole, presente nel colorante utilizzato dalla società, alla lista delle sostanze che rischiano di provocare il cancro. Coca-Cola ha modificato così la formula segreta, riducendo la presenza del composto incriminato e modificando leggermente il colore della bevanda.

 L’intervento della corporation è avvenuto anche in seguito alle pressioni dell’associazione a tutela dei consumatori Center for Science in the Public Interest, che ha avviato una petizione rivolta alla Food and Drug Administration per vietare alcuni coloranti presenti nelle lattine di Coca-Cola e Pepsi. Ma l’agenzia federale non è d’accordo. “E’ importante sapere che una persona dovrebbe bere oltre mille lattine al giorno per raggiungere il livello cancerogeno segnalato nelle ricerche”. E’ della stessa opinione l’American Beverage Association, che ha avvertito: “Sono accuse scandalose, la scienza non dimostra che il composto 4-methylimidazole è dannoso alla salute”.
Il Presidente della Bolivia, Evo Morales, ha annunciato che dal 21 Dicembre 2012, in corrispondenza della “fine” segnata dal calendario Maya, la vendita della bibita statunitense sarà vietata nel paese. Oltre alla forte valenza simbolica, dietro l’operazione c’è una questione di sopravvivenza e di economia: la protezione delle piantagioni di coca e la commercializzazione di prodotti locali simili alla Coca-Cola.
La vendita della Coca-Cola sarà vietata a partire dal 21 Dicembre 2012, ultimo giorno del calendario Maya
C’è chi sostiene che finirà il mondo, chi annuncia l’invasione degli alieni, chi predice sciagure e cataclismi. Per adesso, l’unico effetto concreto della fine del calendario Maya è stato tutt’altro che pernicioso. Almeno per i boliviani. Il presidente indigeno Evo Morales ha infatti annunciato che a partire dal 21 dicembre 2012 la Coca-Cola sarà bandita dal paese. La multinazionale statunitense segue così a ruota le sorti toccate al connazionale McDonald’s, costretto a chiudere i battenti in Bolivia lo scorso gennaio a causa dello scarso successo dei suoi prodotti.
In Sud America – come d’altronde in gran parte del mondo – la Coca-Cola ha una lunga storia di sfruttamento, inquinamento, condizionamenti politici. Emblematico è il caso della Colombia. Qui l’azienda, per mano della sua filiale Panamco S.A., sfrutta da oltre vent’anni la corruzione del governo nazionale e la tensione sociale del paese per imporre condizioni inumane ai propri lavoratori e attuare strategie di repressione verso le organizzazioni sindacali.
Mai nessun paese però, fino ad ora, era arrivato a bandire la bevanda dal proprio territorio. La data del 21 dicembre, poi, non è casuale. Essa coincide con la fine del calendario Maya. In quel giorno Morales ha convocato la Riunione Mondiale degli Indigeni, che si terrà nella Isla del Sol. Il ministro degli Esteri David Choquehuanca ha dichiarato che l’evento farà parte delle celebrazioni in occasione della fine del capitalismo e l’inizio della cultura della vita. “Il 21 dicembre 2012 – ha detto – sarà la fine dell’egoismo, della divisione. Quel giorno segnerà anche la fine della Coca-Cola e l’inizio del Mocochinchè (tipica bevanda tradizionale del posto a base di nettare di pesca). Tutto questo, per amore di Pachamama, la nostra Madre Terra”.
È innegabile che la decisione abbia una forte valenza simbolica ed etica. La Coca-Cola è da anni il simbolo del capitalismo made in Us, la sua cacciata simboleggia, nelle intenzioni dei boliviani, la fine di un’epoca storica. Il governo ha inoltre motivato la propria scelta con i danni che la bibita gassata e zuccherina produrrebbe alla salute: i suoi presunti collegamenti con infarti ed ictus.
Ma è altrettanto lampante che le motivazioni che vi stanno alla base sono anche di tipo economico. Innanzitutto vi è la volontà di preservare la coltivazione di foglie di coca dallo sfruttamento da parte di aziende straniere; esse sono infatti sempre più utilizzate nella produzione di prodotti di largo consumo fra cui, afferma il governo nonostante le plurime smentite della multinazionale, proprio la Coca-Cola. Già nella nuova costituzione indigenista voluta proprio da Morales e approvata con un referendum nel gennaio 2008 la coca era definita “patrimonio culturale della Bolivia” e “fattore di coesione sociale”.
Un anno fa fu lanciata la Coca Colla, bevanda prodotta localmente a partire dalle foglie di coca, che prendeva il nome dalle “Collas”, popolazioni indigene andine. Intanto nel vicino Perù spopola ormai da tempo la Inka Cola, diffusasi in molti paesi dell’America Latina e venduta persino nei supermercati statunitensi.
Insomma, l’uscita di scena della nota bevanda nordamericana potrebbe lasciare un vuoto che i prodotti locali si affretterebbero a riempire. Alcune ricerche mostrano come l’ascesa dei prodotti dei paesi emergenti sia uno dei fenomeni economici più rilevanti del nuovo millennio. Un articolo a riguardo di Repubblica: “I primi dieci anni del nuovo millennio ci hanno consegnato una rivoluzione epocale: l’ ascesa delle aziende dell’ ex Terzo Mondo e l’ affermarsi di nuovi logo commerciali, improbabili fino a ieri, ma che stanno, invece, sovvertendo le gerarchie del secolo scorso”. I prodotti dei paesi emergenti si rivolgono soprattutto al mercato interno e a quello degli altri paesi in via di sviluppo limitrofi; qui mirano a soppiantare i corrispettivi occidentali.
Ad ogni modo, quali che siano le motivazioni alla base della scelta, la scomparsa dal mercato boliviano della bibita statunitense non può che essere accolta con un sorriso. Meno danni all’ambiente, alla salute, meno sfruttamento del lavoro, più valorizzazione della cultura e delle tradizioni alimentari locali. Sono ragioni sufficienti. Gli amanti boliviani della bevanda scura e gassata si consoleranno con una Coca-Colla, oppure con una Inca Cola, a partire dal 21 Dicembre. Non sarà poi la fine del mondo.
 Secondo una dichiarazione dell’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) dello scorso aprile non c’è niente che faccia pensare ai possibili effetti genotossici o cancerogeni dell’aspartame e non c’è alcun motivo di rivedere l’ADI (consumo giornaliero consigliato) di aspartame pari a 40 mg/Kg al giorno”
L’aspartame è un additivo eccitoneurotossico, geneticamente costruito, cancerogeno che interagisce praticamente con tutti i medicinali. Nel 2005 la rinomata Fondazione Ramazzini di Oncologia e Scienze Ambientali ha portato avanti per tre anni uno studio rigoroso su 1800 ratti, concludendo che: l’aspartame provoca aumenti significativi di linfomi/leucemie ed è un multipotenziale cancerogeno.
Secondo l’articolo comparso sulla Leva di Archimede l’Efsa “avrebbe inventato delle “carenze” nello studio allo scopo di proteggere i produttori di veleno contro gli animali. Il secondo studio svolto dall’ERF nel 2007 avrebbe infatti confermato del tutto il primo. Il dottor Morando Soffritti, che ha condotto entrambi i progetti, ha fatto notare che la quantità di formaldeide sviluppata nei ratti esposti ad aspartame ha fatto diventare la loro pelle gialla.
L’EPA (Agenzia protezione ambientale) ha elencato la formaldeide come un probabile cancerogeno umano nel 1987. Nel 2004 l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro si è spinta oltre, classificando la formaldeide come “noto cancerogeno umano” basato in parte sulla ricerca che lo collega alla leucemia.  L’aspartame o Equal (E951/951) si trasforma in alcol metilico quando viene consumato; tuttavia, in pochi si rendono conto che l’alcol metilico si tramuta in formaldeide nelle cellule del corpo umano. La formaldeide è un agente causante di Classe 1 (classificazione mondiale per cancerogeno) ed è responsabile di malattie a partire dalla sindrome da edificio malato fino ai difetti di nascita. Certamente qualcosa che non vorremmo vedere nei pigiami né tantomeno nel cibo che mangiamo”.
Il dottor James Bowen ritiene che: “Altri esempi di questo asse tossico costituiscono avvelenamenti estremi provocati da formaldeide, la quale plastifica i cadaveri ed è un cancerogeno letale. Gli avvelenamenti sia acuti che cronici da metanolo in sinergia con altri diversi avvelenamenti da ingestione di aspartame si accumulano gradualmente nei consumatori fino ad accelerare e a culminare in eventi fatali”.
“Lo studio dell’NCI conferma il lavoro del dottor Soffritti”, afferma il direttore dottor Betty Martini di Mission Possible. “Adesso dobbiamo fare in modo che l’NCI si renda conto che i meccanismi biologici che causano tumori indotti da formaldeide, in seguito all’esposizione sul luogo di lavoro, sono probabilmente identici ai meccanismi biologici che causano tumori indotti da aspartame. La ricerca dimostra che la formaldeide, prodotta dall’aspartame, provoca linfomi e leucemia sia nei topi da laboratorio che negli uomini. L’articolo generico dell’EFSA sull’aspartame verrà completato a novembre. Cosa ci dovremmo aspettare dal loro stretto rapporto con l’industria? Forse ricorderanno le parole di Mark Twain: “Agite secondo giustizia. Sorprenderete alcuni e stupirete tutti gli altri”.
L’FDA ha ammesso la cancerogenicità dell’aspartame; nonostante ciò, di recente l’NCI e l’NHI (Istituto nazionale per la salute) hanno affermato che l’aspartame è un dolcificante artificiale sicuro.
Il tossicologo dell’FDA, il dottor Adrian Gross, ha affermato in un congresso del 1985 che l’aspartame viola l’emendamento Delaney in quanto provoca il cancro, e il consumo giornaliero consigliato non dovrebbe proprio esistere.
Il dottor Russell Blaylock ha affermato in “Health and Nutrition Secrets to Save Your Life”: “Nel caso di bevande dietetiche in lattine di alluminio, il composto molto tossico a base di fluoruro di alluminio coesiste con molteplici tossine riscontrate nell’aspartame, creando quindi la più potente zuppa tossica approvata dal governo che si possa immaginare”.
Fonte: La Leva – Tratto da terrarealtime.blogspot.it

 

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