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Inibitori RAS e COVID 19: cosa dicono gli studi?

Immagine: microfotografia elettronica a scansione colorata di una cellula apoptotica (verde) fortemente infettata da particelle di virus SARS-COV-2 (arancione), isolata da un campione di paziente. Immagine catturata presso il NIAID Integrated Research Facility (IRF) a Fort Detrick, nel Maryland. Credito: NIAID.

Un nuovo articolo pubblicato sulla rivista JAMA Network nell’aprile 2020 riguarda l’uso di una categoria ampiamente utilizzata di farmaci cardiovascolari per pazienti COVID-19 con ipertensione, diabete e malattie cardiovascolari (CVD). Queste sono le condizioni mediche più comuni che si riscontrano nei pazienti COVID-19 e contribuiscono in modo sproporzionato alla mortalità.

La grave sindrome respiratoria acuta coronavirus 2 (SARS-CoV-2) si sta rapidamente diffondendo in tutto il mondo, colpendo oltre 1,27 milioni di persone e uccidendone quasi 70.000 fino ad oggi. Altri milioni sono a rischio. Le probabilità di morire di questa malattia sono alte fino all’11%, 7% e 6% nei pazienti con CVD, diabete e ipertensione.

Una classe di farmaci ampiamente utilizzata in questi pazienti è la classe bloccante del sistema renina-angiotensina (RAS). Questi includono gli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACEI) e i bloccanti del recettore dell’angiotensina (ARB). Questo nuovo punto di vista espresso su JAMA include informazioni sui meccanismi di azione, che possono contribuire all’utilità di questi farmaci, le attuali linee guida sul loro uso nei pazienti COVID-19 e le future aree di ricerca.

Vedi anche: La terapia dell’ossigeno-ozono (O2-O3) potrebbe contribuire al trattamento di COVID 19

Il virus SARS-CoV-2 e il recettore

Il virus che causa COVID-19 si lega a un recettore della superficie cellulare chiamato recettore dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE) 2, al fine di entrare nelle cellule bersaglio. Questi recettori sono abbondanti nelle cellule epiteliali di molti tessuti umani: polmone, intestino, cuore, reni e vasi sanguigni. Esiste anche un’altra forma di ACE2, una forma solubile che si trova nel sangue. L’ACE2, come l’ACE, divide l’angiotensina I in angiotensina II, per attaccare e attivare il recettore dell’angiotensina II, causando vasocostrizione, infiammazione e ossidazione. A differenza dell’ACE, tuttavia, scompone anche l’angiotensina II in altre due molecole, una delle quali ha effetti antinfiammatori, antiossidanti e vasodilatatori.

Gli inibitori della RAS, che comprendono sia ACEI che ARB, hanno dimostrato di avere un impatto benefico su insufficienza cardiaca, ipertensione e cardiopatia ischemica.

Un gruppo di ricercatori sottolinea che i pazienti trattati con ACEI o ARB hanno un’espressione più elevata di ACE2. Ciò potrebbe comportare un aumento del rischio di infezione da virus. D’altra parte, alcuni ricercatori hanno trovato un livello più alto di angiotensina II nel sangue dei pazienti con polmonite COVID-19. Questi ricercatori pensano che il legame del virus con questi recettori possa ridurre l’attività dell’enzima residuo, causando uno squilibrio del rapporto ACE / ACE2. Ciò potrebbe aumentare il livello di attività dell’angiotensina II, causando infiammazione e lesioni ai polmoni e quindi potenzialmente aumentando il rischio di lesioni polmonari acute (ALI) spesso fatali in questa condizione.

In questo caso, ACEI / ARB potrebbero ridurre questo rischio. Con i loro effetti anti-infiammatori, potrebbero anche prevenire la tempesta di citochine e la risposta iperinfiammatoria che guida la sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS).

Altri scienziati si chiedono invece se questi farmaci potrebbero inibire l’ingresso virale nelle cellule ospiti aumentando i livelli di ACE2 solubile, che potrebbe competere con il virus per i recettori e possibilmente prevenire il danno polmonare.

Cosa dice la ricerca esistente?

Diversi piccoli studi di varia progettazione hanno anche dimostrato che l’uso di questi farmaci migliora alcuni esiti in pazienti gravemente malati con COVID-19. Una meta-analisi di 37 studi ha mostrato un minor rischio di polmonite e decessi correlati a polmonite in pazienti che erano trattati con ACEI o ARB. Un altro piccolo studio controllato randomizzato in doppio cieco ha mostrato meno giorni di supporto ventilatorio e più giorni di vita al di fuori dell’Unità di Terapia Intensiva con la somministrazione di un ACEI. Uno studio retrospettivo dalla Corea ha dimostrato che i pazienti con ARDS avevano maggiori possibilità di sopravvivenza se erano in trattamento ACEI o ARB.

Qual’ è il consenso riguardo al loro uso?

Alcune Società hanno pubblicato le proprie linee guida sull’uso di questi inibitori RAS in pazienti a rischio o infetti da COVID-19. In sostanza, tutti sostengono che i pazienti che assumono questi farmaci dovrebbero continuare ad assumerli in caso di COVID 19, mentre i pazienti con COVID-19, ma senza ipertensione, diabete o insufficienza cardiaca o altre condizioni cliniche in cui questi farmaci sarebbero altrimenti stati prescritti, non dovrebbero essere trattati con questi farmaci poiché mancano prove attendibili a sostegno del loro vantaggio.

Ricerca futura

Il legame tra i meccanismi biologici attraverso cui agiscono questi farmaci e il recettore del virus in COVID-10 ha suscitato curiosità scientifica. Di conseguenza, sono in programma diversi studi per testare l’effetto di farmaci specifici su pazienti infetti che non sono abbastanza malati da essere ricoverati in Ospedale, così come su pazienti infetti. Sono urgentemente necessari ulteriori studi per determinare se l’uso di questi farmaci può ridurre la mortalità dovuta ad ALI o ARDS in COVID-19, indipendentemente dal fatto che questi farmaci sarebbero altrimenti stati prescritti.

Corresponding Author: Franz H. Messerli, MD, Department of Cardiology, Bern University Hospital, University of Bern, Freiburgstrasse 18, 3010 Bern, Switzerland

Fonte: JAMA

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