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Alzheimer: i cannabinoidi rimuovono le placche beta-amiloide

Immagine: Professor David Schubert

Gli scienziati del Salk Institute hanno trovato prove preliminari che il tetraidrocannabinolo (THC) e altri composti che si trovano nella marijuana possono promuovere la rimozione delle placche beta amiloide, una proteina tossica associata alla malattia di Alzheimer.

Anche se questi studi esplorativi sono stati condotti su neuroni in coltura in laboratorio, essi possono offrire la comprensione del ruolo dell’infiammazione nella malattia di Alzheimer e potrebbero fornire indizi per lo sviluppo di nuove terapie per il disturbo.

“Anche se altri studi hanno trovato la prova che i cannabinoidi hanno una funzione neuroprotettiva contro i sintomi del morbo di Alzheimer, riteniamo che il nostro studio sia il primo a dimostrare che i cannabinoidi influenzano sia l’infiammazione che l’accumulo di beta amiloide nelle cellule nervose”, spiega il Professor David Schubert, autore principale dell’articolo.

La malattia di Alzheimer è una malattia progressiva del cervello che porta alla perdita di memoria e può seriamente compromettere la capacità di una persona di svolgere le attività quotidiane. Colpisce più di cinque milioni di americani, secondo il National Institutes of Health ed è una delle principali cause di morte. E’ anche la causa più comune di demenza e la sua incidenza dovrebbe triplicare nei prossimi 50 anni.

( Vedi anche:Alzheimer: nuova importante scoperta sulla proteina beta amiloide).

E’ noto da tempo che le placche beta-amiloide si accumulano all’interno delle cellule nervose del cervello nella malattia di Alzheimer. La proteina Beta amiloide è una componente importante dei depositi di placca che sono un segno distintivo della malattia. Ma il ruolo preciso di questa proteina e delle placche che si formano durante lo sviluppo della malattia, rimane poco chiaro.

In un manoscritto pubblicato nel giugno 2016 “Aging and Mechanisms of Disease”, il team del Salk ha studiato le cellule nervose alterate dalla produzione di alti livelli di beta amiloide e mimato gli aspetti della malattia di Alzheimer.

I ricercatori hanno scoperto che alti livelli di beta amiloide sono associati con l’infiammazione cellulare e più alti tassi di morte dei neuroni.  Essi hanno dimostrato che esponendo le cellule al traidrocannabinolo (THC), i livelli di proteina beta amiloide si sono ridotti e la risposta infiammatoria causata dalla proteina è scomparsa dalle cellule nervose che sono riuscite a sopravvivere.

“L’infiammazione all’interno del cervello è una componente importante del danno associato al morbo di Alzheimer, ma è sempre stato ipotizzato che questa risposta derivava dalle cellule immunitarie e non dalle cellule nervose stesse”, spiega Antonio Currais, ricercatore dottorato del laboratorio di Schubert e primo autore dell’articolo.

“Quando siamo stati in grado di identificare le basi molecolari della risposta infiammatoria alla proteina beta amiloide, è diventato chiaro che i composti traidrocannabinolo- simili possono proteggere le cellule nervose dalla morte”.

Le cellule cerebrali hanno interruttori noti come recettori che possono essere attivati dagli endocannabinoidi, una classe di molecole lipidiche prodotte dal corpo che vengono utilizzate per la segnalazione intercellulare nel cervello. Gli effetti psicoattivi della marijuana sono causati da THC, una molecola con attività simile a quella degli endocannabinoidi che possono attivare gli stessi recettori. I risultati dell’attività fisica nella produzione di endocannabinoidi e alcuni studi hanno dimostrato che l’esercizio fisico può rallentare la progressione della malattia di Alzheimer.

Schubert ha sottolineato che la sperimentazione è stata condotta in modelli esplorativi di laboratorio e che l’uso di composti THC-simile come terapia, deve essere testato in studi clinici.

In una ricerca separata ma collegata, il suo laboratorio ha scoperto che un candidato farmaco per l’Alzheimer, chiamato J147, rimuove  le placche beta amiloide dalle cellule nervose e riduce la risposta infiammatoria sia nelle cellule nervose coltivate in laboratorio, che nel cervello. E’ stato lo studio di J147 ad aver portato gli scienziati a scoprire che gli endocannabinoidi sono coinvolti nella rimozione di beta amiloide e nella riduzione dell’infiammazione.

Altri autori dell’articolo sono: Oswald Quehenberger e Aaron Armando presso l’ Università della California a San Diego e Pamela Maher e Daniel Daughtery dell’Istituto Salk.

Lo studio è stato sostenuto dal National Institutes of Health, dalla Fondazione Burns e dalla Fondazione Bundy.

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