HomeSaluteTumoriScoperta una proteina che inibisce il cancro

Scoperta una proteina che inibisce il cancro

I ricercatori dell’Istituto Nazione dei Tumori di Milano hanno scoperto che la proteina DBC1 è in grado di riattivare il meccanismo di apoptosi delle cellule tumorali e di bloccare la progressione del cancro. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Molecular Cell Biology,  il 2 Agosto. Poichè le cellule tumorali sono mantenute in vita, sempre giovani , da un’altra proteina chiamata SIRT1, i ricercatori hanno dimostrato che la proteina DBC1 è in grado di annullare l’effetto di SIR1. La proteina p53 chiamata anche “guardiano del genoma”, ha il compito di provocare l’apoptosi o suicidio cellulare programmato, nelle cellule del DNA danneggiate. Questo processo è molto importante perchè impedisce alle cellule danneggiate di continuare a vivere e trasformarsi in cellule tumorali. Nel tumore però, questo meccanismo viene disattivato ed i livelli molto alti di SIRT1 bloccano p53 consentendo alle cellule tumorali di vivere più a lungo del normale. I ricercatori, per comprendere il rapporto causa/effetto tra le due proteine, hanno aumentato artificialmente i livelli di DBC1 in cellule di tumore del seno. I risultati hanno dimostrato che di conseguenza SIRT1 è diminuito e la proteina p53 è aumentata favorendo la morte programmata delle cellule tumorali. I ricercatori hanno studiato la presenza delle due proteine, nelle cellule di tumore mammario. Tuttavia queste molecole sono presenti nel ciclo vitale di tutte le cellule e questo significa che i risultati dello studio possono essere applicati a diverse forme di cancro. Si aprono quindi, importanti prospettive di ricerca per studiare nuove strategie terapeutiche che aumentino la presenza di DBC1 nei tessuti del tumore in modo da contrastare l’azione di SIRT1 o “elisir di giovinezza delle cellule tumorali”, per ripristinare i normali livelli di p53 che favorisce la morte programmata o apoptosi delle cellule tumorali, bloccando la progressione della malattia. E’ importante precisare che si tratta ancora di una scoperta effettuata in laboratorio e che occorrono ancora diversi anni prima di avere una sua applicazione clinica.

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