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Fumare aumenta il rischio di tromboembolia venosa

Il fumo di sigaretta è legato a numerosi problemi di salute. Ma ora, i ricercatori sostengono che il fumo può anche aumentare il rischio di tromboembolia venosa.

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista PLoS Medicine .

Il tromboembolismo venoso (TEV) è la terza malattia cardiovascolare più comune. Si tratta di una combinazione di trombosi venosa profonda (coaguli di sangue nelle gambe) ed embolia polmonare (coaguli di sangue nei polmoni).

Secondo il Centers for Disease Control and Prevention (CDC), tra il 2007 e il 2009 negli Stati Uniti, una media di 547.596 adulti erano ricoverati in ospedale ogni anno, a causa di tromboembolismo venoso.

Per lo studio, i ricercatori della Sun Yat-Sen University di Guangzhou, in Cina, hanno condotto una revisione di 32 studi osservazionali che hanno coinvolto 3,9 milioni di partecipanti di cui 35.151 presentavano eventi di tromboembolia venosa.

I risultati hanno mostrato che i partecipanti fumatori avevano un aumento del rischio del 23% di tromboembolia venosa (TEV), rispetto a coloro che non avevano mai fumato.

Gli ex fumatori  presentavano un 17% di aumento del rischio della condizione, rispetto a coloro che non avevano mai fumato.

Ogni 10 sigarette al giorno  il rischio di tromboembolia venosa è aumentato  del 10,2%. 

Gli autori dello studio dicono:

“Questa meta-analisi conferma che  fumare può essere un fattore di rischio indipendente per la tromboembolia venosa. I nostri risultati suggeriscono che l’associazione di fumare con rischio TEV può essere ampiamente mediata da un meccanismo acuto, supportato da una relazione dose-risposta alla quantità di fumo corrente e al rischio più elevato in corso, rispetto agli ex fumatori “.

I ricercatori concludono che sono comunque necessari ulteriori studi al fine di comprendere meglio i processi sottostanti che collegano il fumo ad un aumentato rischio di tromboembolia venosa.

 

Fonte Fumo attuale e precedenti e rischio di tromboembolismo venoso: Una revisione sistematica e una meta-analisi , pubblicata sulla rivista PLoS Medicine , il 17 settembre 2013.

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