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Demenza: scoperta molecola “anti-groviglio”

Demenza-Immagine: Astratto grafico-Credito: Cell Reports Physical Science-

Gli scienziati hanno identificato una molecola che può prevenire l’aggrovigliamento di una proteina cerebrale collegata a malattie come il Parkinson. I risultati potrebbero fornire spunti su nuovi modi di trattare o diagnosticare le prime fasi della demenza.

L’alfa-sinucleina, una proteina presente nelle cellule cerebrali, è comunemente associata a malattie neurodegenerative come il Parkinson, una malattia neurologica debilitante che colpisce milioni di persone in tutto il mondo.

Come tutte le proteine, è costituita da un lungo filamento di molecole chiamate amminoacidi. Una volta realizzato, questo filo si ripiega su se stesso per formare una forma 3D complessa, ma precisa, composta da sottostrutture e anelli.

Negli individui sani, l’alfa-sinucleina interagisce con le membrane cellulari dove svolge un ruolo nel modo in cui le cellule cerebrali (neuroni) comunicano tra loro, ma quando una persona invecchia, la forma 3D della proteina può deformarsi o “ripiegarsi male”, per formare grumi tossici nel cervello.

Nel corso del tempo questi grumi continuano ad accumularsi, formando fibre che possono interferire con il normale ruolo della proteina, uccidendo infine le cellule cerebrali, contribuendo allo sviluppo del morbo di Parkinson e delle malattie correlate alla demenza.

Un team di scienziati delle Università di Bath e Bristol ha estratto un frammento proteico o peptide, da un’estremità del filamento proteico alfa-sinucleina e lo ha mescolato con campioni della proteina alfa-sinucleina intera.

I ricercatori hanno scoperto che il frammento previene il ripiegamento errato in vitro, stabilizzando la sua struttura normale per evitare che si aggrovigli, formi grumi e distrugga la membrana cellulare.

Pubblicata sulla rivista Cell Reports Physical Science, questa ricerca apre nuove strade per lo sviluppo terapeutico, potenzialmente portando in futuro a farmaci che possono prendere di mira e interrompere il ripiegamento errato dell’alfa-sinucleina, prevenendo o rallentando la progressione di malattie come il Parkinson.

Il Professor Jody Mason, del Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Bath, ha guidato la ricerca. Ha detto: “Attualmente le opzioni farmacologiche per il Parkinson trattano solo i sintomi della malattia, spesso ripristinando la comunicazione persa tra i neuroni. Purtroppo questi trattamenti hanno effetti collaterali, sono meno efficaci nel tempo e non rallentano la patologia sottostante. Se potessimo diagnosticare la malattia prima che i sintomi si manifestino e bloccare il ripiegamento errato dell’alfa-sinucleina nelle primissime fasi che precedono l’aggregazione, potremmo rallentare la progressione della malattia invece di limitarci a gestire i sintomi dopo che il danno è già stato fatto“.

Questo studio in vitro ha dimostrato il potenziale di questo peptide, che possiamo utilizzare come modello per progettare nuovi farmaci che trattano le prime fasi di queste terribili malattie”, ha aggiunto il ricercatore.

I ricercatori sono ora alla ricerca di finanziamenti per continuare la loro ricerca e testare diverse varianti del peptide su cellule cerebrali coltivate in laboratorio, prima di identificare molecole candidate adatte per l’ulteriore sviluppo del farmaco.

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Il Professor Mason ha affermato: “La nostra ricerca è ancora nelle fasi iniziali, ma speriamo che sia un trampolino di lancio verso nuovi trattamenti per le malattie neurodegenerative“.

Fonte:Cell Reports Physical Science 

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