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Alzheimer: studio finalmente scopre come i neuroni muoiono

Alzheimer-Immagine: i neuroni immunoreattivi ad AT8, PHF1 o MC1 vengono segmentati nel software Imaris e renderizzati per rivelare la colorazione intracellulare X34 (strutture fibrillare a foglio β), indicativa delle fibrille Tau intracellulari. La colorazione extracellulare X34 (blu) rappresenta le placche Aβ mentre X34 intracellulare (blu) rappresenta le strutture del foglio β Tau. Le frecce bianche indicano la colorazione X34 nei somi neuronali. Amiloide (X34, blu), P-Tau (rosso), nucleo umano (HUNU, grigio). Barra della scala 5 µm. Credito: Science-

Un gruppo di ricerca ha finalmente scoperto come muoiono i neuroni nella malattia di Alzheimer (AD)Il team è guidato dal Professor Bart De Strooper del VIB-KU Leuven e dallo UK Dementia Research Institute (UK DRI) dell’UCL e dal Dottor Sriram Balusu del VIB-KU Leuven. Oggetto di discussione scientifica negli ultimi decenni, un documento di ricerca innovativo illustra come i neuroni avviano una forma programmata di morte cellulare, nota come necroptosi, quando sono esposti alle placche amiloidi e ai grovigli tau. Si tratta di una caratteristica delle proteine ​​mal ripiegate implicate nell’Alzheimer.

Ancora più importante, il gruppo di ricerca è riuscito a prevenire la morte dei neuroni, salvandoli nel processo. La scoperta apre nuove strade per potenziali trattamenti futuri.

Lo studio fa luce sulle acque precedentemente torbide dell’AD, rivelando un potenziale attore chiave nella perdita neuronale, un gene RNA chiamato MEG3 e il processo di necroptosi. “Questi risultati rappresentano un importante passo avanti per approfondire la nostra comprensione dei meccanismi alla base di questa malattia complessa e spesso fraintesa”, dice il Professor Bart De Strooper, capogruppo del DRI britannico presso l’UCL e del VIB-KU Leuven Center for Brain and Disease Research.

L’articolo, “MEG3 activates necroptosis in human neuron xenografts modeling Alzheimer’s disease“, è stato pubblicato su Science.

Un nuovo modello per risolvere l’enigma dell’Alzheimer

Una delle sfide chiave nella comprensione dell’AD è stata quella di collegare tra loro i suoi tratti distintivi, le placche amiloidi, i grovigli tau e la morte dei neuroni.

La maggior parte dei modelli murini utilizzati nella ricerca non sono in grado di replicare naturalmente queste caratteristiche, lasciando gli scienziati con domande senza risposta su come questi tratti si collegano alla progressione della malattia.

Sriram Balusu, ricercatore post-dottorato presso il laboratorio De Strooper e primo autore dell’articolo, ha dichiarato: “Per colmare questa lacuna, abbiamo creato un nuovo modello, abbiamo impiantato neuroni sia umani sani che di topo nel cervello di modelli murini di AD. Le cellule umane degenerate in modo molto simile alle loro controparti nel cervello umano, ci hanno permesso di studiare questiu neuroni durante l’invecchiamento cerebrale e di gettare nuova luce sui processi alla base dell’AD”.

Sorprendentemente, solo i neuroni umani e non le loro controparti dei roditori, mostravano le caratteristiche dell’Alzheimer osservate nel cervello dei pazienti, inclusi grovigli tau e una significativa perdita di cellule neuronali.

Ciò suggerisce che potrebbero esserci fattori specifici dell’uomo in gioco nell’Alzheimer che i modelli murini standard non possono replicare.

Capire perché i neuroni dei topi sono più resistenti alla patologia amiloide non solo aiuterà a modellare meglio la malattia, ma potrebbe anche stimolare la ricerca sui percorsi che proteggono dalla neurodegenerazione.

Il colpevole della perdita di cellule cerebrali

Utilizzando il loro nuovo modello, il team ha indagato più a fondo, cercando risposte su come i neuroni muoiono nell’Alzheimer.

Lo studio ha rivelato una svolta fondamentale: nel modello è stato attivato un percorso noto come necroptosi, una forma di morte cellulare programmata, che porta alla morte dei neuroni.

Ma la scoperta è andata anche oltre. I ricercatori hanno visto che i livelli di una molecola nota come MEG3 erano fortemente aumentati nei neuroni umani, come osservato nei pazienti con Alzheimer.

Sorprendentemente, la sola presenza di MEG3 è stata sufficiente per innescare il percorso di necroptosi nei neuroni umani in un ambiente di laboratorio.

Lo studio ha inoltre scoperto che riducendo il MEG3 e prevenendo la necroptosi, i ricercatori potrebbero a loro volta prevenire la morte delle cellule. Sono necessarie ulteriori ricerche per capire come esattamente il MEG3 innesca la necroptosi, ma questa scoperta rappresenta un progresso cruciale nella comprensione di come l’Alzheimer porti alla perdita di neuroni nel cervello.

Il Professor De Strooper ha affermato: “La necroptosi è già un’area attiva nello sviluppo di farmaci contro il cancro e la SLA. Anche se c’è molto altro da esplorare, i nostri risultati aprono strade promettenti per potenziali terapie mirate all’AD, insieme agli approcci tradizionali mirati all’amiloide e alla tau“.

Fonte:Science

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