HomeSaluteTumoriNuovo studio rivela come da una condizione asintomatica può svilupparsi il mieloma

Nuovo studio rivela come da una condizione asintomatica può svilupparsi il mieloma

I ricercatori dell’Università di Birmingham e Ospedali in tutto il West Midlands, hanno rivelato come da una condizione asintomatica comune può svilupparsi il mieloma.

I ricercatori hanno scoperto che i cambiamenti nel midollo osseo necessari per lo sviluppo del cancro hanno già preso piede in una condizione precedente, aumentando la possibilità che un intervento medico precoce potrebbe impedire a questo tipo di cancro incurabile di radicarsi.

La ricerca è stata pubblicato oggi sulla rivista Leukemia .

Il mieloma colpisce le plasmacellule, un tipo di globuli bianchi che hanno origine nel midollo osseo. Diagnosticata in oltre 4.000 persone l’anno nel Regno Unito, meno della metà dei pazienti sopravvive per più di cinque anni dopo la diagnosi. I sintomi includono spesso debilitante e doloroso danno osseo, anemia e nausea.

il mieloma procede quasi sempre da una condizione apparentemente benigna nota come ‘MGUS‘ o gammopatia monoclonale di incerto significato” (MGUS) che è particolarmente comune nella popolazione anziana: ben il 7% delle persone di età superiore agli 85 anni sono affetti da MGUS. Solo circa uno su 100 pazienti con MGUS svilupperà il mieloma ogni anno e al momento non c’è modo di prevedere con precisione quali pazienti sono a rischio.

Il  termini “gammopatia monoclonale di incerto significato” (MGUS) si riferisce ad una condizione clinica caratterizzata da una proliferazione di plasmacellule monoclonali nel midollo osseo emopoietico e dalla presenza di una paraproteina, detta componente monoclonale, nel siero e/o nelle urine dei soggetti affetti.
Per ciò che concerne la MGUS, se ne riconoscono tre forme in base al tipo di paraproteina coinvolta: IgG, non IgG (IgA o IgM) e da catene leggere (FLC).
E’ stata dimostrata un’elevata incidenza di MGUS nella popolazione sana, incidenza che aumenta all’aumentare dell’età dei soggetti; in uno studio di popolazione condotto negli Stati Uniti l’incidenza di MGUS in soggetti sani di età maggiore di 50 anni è risultata pari al 3,2%. Da sottolineare come quest’incidenza aumenti nella popolazione anziana, avendo soggetti di età superiore agli 80 anni un’incidenza di MGUS circa 4 volte maggiore.
Nella maggior parte dei casi di MGUS, il quadro midollare e sierologico rimane invariato nel tempo. In alcuni casi, a seguito di ulteriori mutazioni genetiche, si osserva invece un’evoluzione del quadro clinico da condizione asintomatica a patologia neoplastica attiva (MM o morbo di Waldenstom), con un aumento della componente monoclonale e delle plasmacellule midollari, responsabili della comparsa di sintomi clinici caratteristici. Essendo tali neoplasie ematologiche considerate rare, ed essendo invece le gammopatie assai frequenti, è evidente come globalmente la percentuale di trasformazione neoplastica sia bassa.
La comparsa di manifestazioni cliniche o di alterazioni laboratoristiche è indicativa invece di evoluzione verso una patologia maligna, quale la MM, la macroglobulinemia di Waldenström o l’amiloidosi“.

Vedi anche:Scoperto nuovo bersaglio terapeutico per il mieloma multiplo)

Il mieloma non si diffonde ad altri organi, il che suggerisce che le cellule del mieloma contano sul sostegno di altre cellule nell’ambiente del midollo osseo per sopravvivere. I ricercatori di Birmingham hanno dimostrato che nelle prime fasi di sviluppo della MGUS, cellule che compongono il tessuto connettivo del midollo osseo cambiano il loro comportamento e diventano più favorevoli alla crescita del cancro. Essi hanno scoperto che un gene chiave, chiamato ‘PADI2’ diventa particolarmente iperattivo in queste cellule del tessuto connettivo, portando alla sovrapproduzione di una molecola di segnalazione chiamata interleuchina-6 (IL-6).

Cellule del tessuto connettivo rilasciano IL-6 nel midollo osseo dove si lega ai recettori presenti sulla superficie delle plasmacellule  istruendole a moltiplicarsi rapidamente e resistere ai segnali di morte cellulare. È già noto che la presenza di elevati livelli di IL6 nel midollo osseo del paziente riduce significativamente l’efficacia di un farmaco chemioterapico chiave chiamato Bortezomib.

I ricercatori ritengono che i farmaci progettati per indirizzare il gene PADI2 in MGUS e pazienti affetti da mieloma, potrebbero ridurre in modo significativo la segnalazione di sostegno da cui dipendono le cellule di mieloma e possono aumentare l’efficacia dei trattamenti attuali.

Significativamente, il gene PADI2 è stato anche collegato allo sviluppo di altri tipi di cancro, l’artrite reumatoide, il morbo di Alzheimer e la malattia autoimmune e qualsiasi farmaco sviluppato potrebbe avere applicazioni più ampie al di là del trattamento del mieloma.

Il Dr Daniel Tennant, che ha guidato la ricerca presso l’Università di Birmingham, ha detto: “E’ ormai chiaro che il midollo osseo di pazienti con MGUS, tradizionalmente considerata come una condizione benigna, è significativamente diverso da quella di individui sani L’ambiente del midollo osseo in questi pazienti, sembra in grado di supportare la crescita del cancro anche se nella maggior parte dei pazienti, la condizione non progredirà in mieloma. Anche se questa ricerca è nelle fasi iniziali, offre la possibilità emozionante che un intervento precoce potrebbe potenzialmente ritardare o addirittura impedire lo sviluppo di questo cancro del sangue “.

Il Dr Alasdair Rankin, Direttore della ricerca presso il blood cancer charity Bloodwis, ha detto: “C’è un urgente bisogno di nuovi trattamenti per il mieloma, che, oltre ad essere in gran parte incurabile, può avere un impatto devastante sulla qualità della vita. Inoltre, con la crescente. popolazione anziana, MGUS e il mieloma stanno diventando sempre più comuni. I farmaci progettati per rimuovere il sistema di supporto che il mieloma utilizza per crescere, potrebbe essere un modo efficace di trattare la malattia o addirittura impedirle del tutto di svilupparsi “.

Fonte:Nature

 

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