HomeSaluteCervello e sistema nervosoSLA: individuati nuovi potenziali bersagli farmacologici

SLA: individuati nuovi potenziali bersagli farmacologici

I ricercatori hanno scoperto un difetto di riparazione nelle cellule nervose che inviano messaggi al cervello, aprendo la porta a una possibile terapia per prevenire o rallentare la SLA. Conosciuta anche come malattia di Lou Gehrig, la SLA è una malattia terminale caratterizzata da una debolezza muscolare progressiva che alla fine colpisce la capacità di deglutire e respirare di una persona.

Un recente studio dell’Istituto metodista di ricerca di Houston rivela un legame tra l’incapacità dei motoneuroni di riparare il danno ossidativo del genoma e la SLA e suggerisce nuove terapie.

Condotto da Muralidhar Hegde e Haibo Wang, il team ha descritto i risultati dello studio in un articolo intitolato “Mutant FUS causes DNA ligation defects to inhibit oxidative damage repair in Amyotrophic Lateral Sclerosis”  nel numero dell’11 settembre di Nature Communication. Il nuovo percorso che i ricercatori hanno scoperto, suggerisce che una terapia mirata alla DNA ligasi, può prevenire o rallentare la progressione della malattia.

( Vedi anche SLA: scoperto nuovo promettente obiettivo farmacologico).

La DNA ligasi è un enzima appartenente alla categoria delle ligasi in grado di legare due frammenti di DNA che hanno subito una rottura a doppio filamento (ad esempio nei processi di riparazione del DNA). Può anche legare una rottura a singolo filamento, come ad esempio accade durante il processo di replicazione del DNA. In ingegneria genetica viene utilizzato per “incollare” un tratto specifico di DNA, contenente il gene da studiare, in un plasmide batterico o in un altro vettore.

La ricerca è stata finanziata dal National Institute of Health, dalla Muscular Dystrophy Association, dalla SLA Association e dalla Houston Methodist Research Institute.

Altri ricercatori che hanno collaborato con Hegde e Wang su questo documento sono stati Joy Mitra, Pavana Hegde, Bradley Eckelmann e Sankar Mitra della Houston Methodist; Wenting Guo, Tijs Vandoorne e Ludo Van Den Bosch dell’Istituto Leuvan Brain, in Belgio e Alan Tomkinson dell’Università del New Mexico.

Fonte: Nature

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