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Sfingolipidi nella malattia coronarica: risolvere l’enigma

I ricercatori della Weill Cornell Medicine hanno scoperto un modo per liberare nei vasi sanguigni gli effetti protettivi di un tipo di molecola correlata al grasso nota come sfingolipide, suggerendo una nuova promettente strategia per il trattamento della malattia coronarica.

Nello studio, pubblicato su Circulation Research, i ricercatori hanno dimostrato che l’aumento dei livelli di uno sfingolipide chiamato S1P nelle cellule endoteliali che rivestono le arterie rallenta lo sviluppo e la progressione della malattia coronarica in un modello animale. L’autrice principale è stata la Dr.ssa Onorina Laura Manzo, ricercatrice post-dottorato nel laboratorio della Dr.ssa Annarita Di Lorenzo, Professore associato di patologia e medici

na di laboratorio presso la Weill Cornell Medicine.

Gli sfingolipidi prendono il nome dall’enigmatica sfinge dell’antica mitologia perché le loro funzioni in biologia tradizionalmente sono state alquanto misteriose. Negli ultimi anni vi è stata una crescente evidenza della loro rilevanza nella malattia coronarica; i livelli nel sangue di S1P, ad esempio, sono più bassi nei pazienti con questa condizione. Ma i ruoli precisi di questi lipidi sono rimasti poco chiari.

Nel nuovo studio, i ricercatori hanno cercato di comprendere meglio questi ruoli e il potenziale degli sfingolipidi come bersagli terapeutici. Nonostante la disponibilità di farmaci per abbassare il colesterolo e altri interventi, la malattia coronarica – la causa alla base della maggior parte degli infarti e di molti ictus – continua a essere la principale causa di mortalità nel mondo, colpendo più di 20 milioni di persone solo negli Stati Uniti.

Utilizzando un nuovo modello murino sviluppato dallo stesso gruppo, i ricercatori hanno scoperto che lo stress correlato alla pressione sanguigna sulle arterie, che alla fine indurrà una malattia coronarica, innesca un aumento della produzione di S1P nelle cellule endoteliali, come parte di una risposta protettiva. Questa risposta normalmente è solo temporanea, ma l’eliminazione di una proteina chiamata NOGO-B, che inibisce la produzione di S1P, consente di sostenere l’aumento della produzione endoteliale di S1P e rende gli animali molto più resistenti alla malattia coronarica e alla mortalità associata.

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Un’altra scoperta chiave è legata a un diverso gruppo di sfingolipidi chiamati ceramidi. Studi precedenti hanno collegato la malattia coronarica a livelli elevati di alcune ceramidi nel sangue e il loro ruolo causale nella malattia è stato ampiamente ipotizzato. Nel loro modello, tuttavia, i ricercatori hanno osservato che mentre i livelli di ceramide erano elevati nel flusso sanguigno, i livelli nelle cellule endoteliali che rivestono le arterie rimanevano più o meno gli stessi indipendentemente dallo stato della malattia coronarica.

“Nel complesso, i risultati gettano le basi per lo sviluppo di farmaci che potenziano S1P per trattare o prevenire la malattia coronarica”, hanno concluso i ricercatori.

Fonte: Circulation Research 

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