L'obesità contribuisce all'ansia e al deterioramento cognitivo
Questo abstract grafico evidenzia gli aspetti chiave del disegno dello studio. Topi maschi alimentati con una dieta ricca di grassi per 15 settimane hanno mostrato un aumento del peso corporeo e del grasso corporeo, un aumento del comportamento ansioso, differenze nell’espressione genica nell’ipotalamo e differenze nella composizione del microbiota intestinale rispetto ai topi magri. Crediti: Creato con Biorender

Comportamenti d’ansia e interruzione dei segnali cerebrali

Nei test comportamentali, i ricercatori hanno scoperto che i topi obesi mostravano più comportamenti simili all’ansia, come il congelamento (un comportamento difensivo che i topi mostrano in risposta a una minaccia percepita), rispetto ai topi magri. Questi topi mostravano anche diversi schemi di segnalazione nell’ipotalamo, una regione del cervello coinvolta nella regolazione del metabolismo, che potrebbero contribuire ai deficit cognitivi.

Inoltre, i ricercatori hanno osservato differenze significative nella composizione della flora batterica intestinale nei topi obesi rispetto ai topi magri. Questi risultati sono in linea con un crescente numero di evidenze che indicano il ruolo del microbioma intestinale nella regolazione del comportamento.

Dai topi alle intuizioni umane significative

Pur riconoscendo che la ricerca sui topi non sempre si traduce direttamente in risultati applicabili agli esseri umani, Wanders ha affermato che i risultati forniscono nuove intuizioni che sottolineano l’importanza di concentrarsi su più sistemi per comprendere e potenzialmente trattare i deficit cognitivi correlati all’obesità.

Questi risultati potrebbero avere importanti implicazioni sia per la salute pubblica che per le decisioni personali“, ha affermato Wanders. “Lo studio evidenzia il potenziale impatto dell’obesità sulla salute mentale, in particolare in termini di ansia. Comprendendo le connessioni tra dieta, salute del cervello e microbiota intestinale, questa ricerca potrebbe contribuire a orientare le iniziative di salute pubblica incentrate sulla prevenzione dell’obesità e sull’intervento precoce, in particolare nei bambini e negli adolescenti”.

Wanders ha anche osservato che le condizioni attentamente controllate utilizzate nello studio conferiscono rigore e credibilità ai risultati, aggiungendo però che il mondo reale è molto più complesso.

Influenze complesse che vanno oltre la sola dieta

Sebbene i nostri risultati suggeriscano che la dieta svolga un ruolo significativo sulla salute fisica e mentale, è importante ricordare che la dieta è solo un tassello del puzzle“, ha affermato Wanders. “Fattori ambientali, la genetica, le scelte di vita e lo status socioeconomico contribuiscono anche al rischio di obesità e ai relativi effetti sulla salute. Pertanto, sebbene questi risultati siano importanti, dovrebbero essere considerati nel contesto di un approccio più ampio e multifattoriale per comprendere e affrontare i deficit cognitivi e i problemi di salute mentale correlati all’obesità”.

In seguito, i ricercatori sperano di approfondire i meccanismi con cui l’obesità indotta dalla dieta influisce sul cervello e sul comportamento, approfondendo i cambiamenti nel microbioma intestinale ed estendendo lo studio a topi femmina e a diverse fasce d’età. Wanders ha aggiunto che sarebbe utile determinare se interventi di perdita di peso possano invertire gli effetti.

Fonte:Scitechdaly