HomeSaluteNuova terapia preventiva si dimostra efficace per il trattamento dell'angioedema ereditario

Nuova terapia preventiva si dimostra efficace per il trattamento dell’angioedema ereditario

Un trial clinico supporta l’efficacia di un nuovo farmaco per prevenire gli attacchi di angioedema ereditario (HAE) o angioedema di Quincke , una malattia rara caratterizzata da gonfiore ricorrente della cute, delle mucose e degli organi interni che a volte può essere fatale.

Nell’articolo pubblicato il 23 febbraio dal New England Journal of Medicine, un team multi-istituzionale descrive come un’iniezione sottocutanea di Lanadelumab, un anticorpo monoclonale, ogni 14 giorni, ha ridotto in modo significativo gli episodi di gonfiore senza gravi effetti collaterali nei pazienti affetti da angioedema ereditario.

“In questo studio abbiamo scoperto che Lanadelumab è sicuro e ben tollerato dai pazienti affetti da angioedema ereditario e i primi dati della sperimentazione condotta su un piccolo numero di pazienti suggeriscono che il farmaco ha una forte efficacia”, dice Aleena Banerji, del Massachusetts General Hospital (MGH) Division of Rheumatology, Allergy and Immunology, principale autore della pubblicazione NEJM.

“Uno studio più ampio di fase III per valutare l’efficacia di Lanadelumab è ora in corso”, aggiunge il ricercatore.

L’angioedema ereditario è causato da mutazioni che riducono la produzione o l’espressione della proteina inibitore C1 – un enzima che inibisce l’attività delle proteine coinvolte nell’ infiammazione, coagulazione del sangue e altri sistemi. Senza l’azione della proteina C1 inibitore, il sistema carellicreina-chinina (Il sistema chininacallicreina, o più semplicemente sistema delle chinine è un sistema poco caratterizzato di proteine del sangue, che svolge un ruolo nell’infiammazione, nel controllo della pressione arteriosa, nella coagulazione del sangue e nel dolore) non è inibito, con conseguente eccesso di produzione di bradichinina, che provoca perdita vascolare ed è responsabile del gonfiore osservato nei pazienti HAE.

La bradichinina è un neurotrasmettitore peptidico prodotto localmente nei tessuti dell’organismo, molto spesso come reazione in seguito ad un trauma fisico. La bradichinina aumenta la permeabilità dei vasi, inoltre rilassa le cellule muscolari dei vasi causando vasodilatazione in quel distretto. L’ormone svolge un ruolo importante nella trasmissione del dolore. Un’eccessiva concentrazione di bradichinina è responsabile dei tipici sintomi dell’infiammazione, quali gonfiore, arrossamento, calore e dolore.

Il gonfiore incontrollato derivante da attacchi di angioedema ereditario non solo limita le attività dei pazienti, a volte per diversi giorni, ma può anche essere pericoloso per la vita quando coinvolge le vie respiratorie. Le terapie preventive attualmente approvate dalla FDA hanno dei limiti. Gli androgeni attenuati possono avere effetti collaterali significativi e non sono sicuri durante la gravidanza e C1 inibitore per via endovenosa deve essere somministrato ogni tre o quattro giorni.

La nuova ricerca ha dimostrato che Lanadelumab, un anticorpo monoclonale, inibisce l’azione della callicreina, bloccando potenzialmente la cascata che porta alla generazione di bradichinina. Lo studio ha arruolato 37 pazienti con HAE derivante da carenza di C1 inibitore, che sono stati divisi in cinque gruppi. Quattro gruppo hanno ricevuto due iniezioni sottocutanee di Lanadelumab ogni 14 giorni, con dosi dosi totali di 30 mg, 100 mg, 300 mg o 400 mg, mentre un altro gruppo ha ricevuto iniezioni di un placebo. I partecipanti sono stati seguiti per 120 giorni dopo la seconda iniezione.

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Profilassi dell’angioedema ereditario

Il verificarsi di eventi avversi correlati al trattamento – in primo luogo il dolore al sito di iniezione e cefalea – erano simile in tutti i gruppi e non sono stati segnalati eventi gravi, per cui si può sostenere la sicurezza del trattamento.

“Se questo tipo di efficacia sarà osservato anche nella fase III dello studio clinico che è ora in corso al MGH e in molti altri siti, il farmaco potrebbe migliorare in modo significativo la qualità della vita dei pazienti affetti da HAE”, dice Banerji, che è un professore associato di Medicina alla Harvard Medical School. Il co-autore principale dello studio NEJM è Paula Busse della Icahn School of Medicine a Mt. Sinai di New York. Lo studio è stato sostenuto da Dyax che ha sviluppato Lanadelumab e dal MGH Clinical Research Center che è sostenuto dal National Institutes of Health.

Fonte: The New England Journal of Medicine

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