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Il metodo Zamboni per la cura della sclerosi multipla sarebbe del tutto inutile

L’intervento di angioplastica per curare la sclerosi multipla, noto come “metodo Zamboni“, sarebbe del tutto inutile, secondo un nuovo studio pubblicato sulla rivista  JAMA Neurology.

Secondo Zamboni, la sclerosi multipla è causata da un problema circolatorio del sistema nervoso centrale, ovvero l’insufficienza cerebrospinale venosa cronica (Ccsvi). Questo disturbo vascolare sarebbe il responsabile del ristagno di sangue e, quindi, di una maggior quantità di ferro, che causerebbe un danno al cervello, innescando la risposta autoimmune tipica della sclerosi multipla. Zamboni ha così ideato un intervento chirurgico di angioplastica, allo scopo di liberare (dilatare) i vasi ostruiti, tramite una sonda con un piccolo palloncino (venoplasty).

Dopo anni di dibattiti e polemiche è arrivata la prova conclusiva che non esiste una correlazione tra la malattia neurodegenerativa e un problema circolatorio del sistema nervoso centrale.

Allo studio, “Effectiveness and Safety in Venous Angioplasty in Multiple Sclerosis”, un trial no profit finanziato dalla Regione Emilia Romagna con 2,7 milioni di euro nell’ambito del Programma Ricerca e Innovazione e promosso dall’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara e condotto in sei diversi Centri italiani, hanno preso parte 115 pazienti affetti da sclerosi multipla remittente-recidivante.

I risultati dello studio hanno dimostrato che a 12 mesi dalla sperimentazione, non c’è stato dopo l’intervento di angioplastica venosa ( PTA), un miglioramento funzionale dei pazienti, nè una riduzione delle nuove lesioni cerebrali.

Secondo l’ipotesi sperimentale, il metodo Zamboni che ha causato non poche controversie scientifiche, nei pazienti affetti da Sclerosi Multipla e portatori di CCSVI, avrebbe, attraverso il miglioramento del flusso venoso di ritorno dal cervello ottenuto con un intervento di angioplastica, potuto migliorare o anche solo rallentare, il decorso naturale della malattia.

Risultati dello studio:
1. L’esito disabilità, il primo obiettivo dello studio, è stato valutato periodicamente fino a 12 mesi dopo l’intervento, con la misurazione di 5 fra i deficit funzionali che più frequentemente colpiscono i pazienti affetti da questa malattia: il deficit di controllo del cammino, dell’ equilibrio, di abiltà manuale, di svuotamento della vescica e di acuità visiva.
Lo studio ha dimostrato che l’intervento di angioplastica venosa non ha alcun effetto sulla disabilità rispetto a un intervento simulato.

2.Il secondo esito analizzato nello studio è stato l’accumulo di nuove lesioni cerebrali misurato con esami di risonanza magnetica eseguiti dopo 6 e 12 mesi dall’intervento di angioplastica, preceduto da un esame basale. Le immagini di risonanza magnetica sono state tutte valutate presso l’Università di Firenze in un unico centro, dove gli esami sono stati letti “in cieco”, cioè senza conoscere il trattamento al quale era stato sottoposto il paziente.
Non sono state osservate differenze fra i due gruppi a confronto nell’accumulo di nuove lesioni combinate visualizzate alla risonanza magnetica a distanza di 12 mesi dal trattamento.
Per quanto riguarda la sicurezza, l’intervento di angioplastica, non ha determinato effetti avversi di rilievo.

In sintesi gli Autori dello studio hanno osservato che l’intervento di angioplastica nei pazienti partecipanti, non ha avuto alcuna efficacia nel modificare il naturale decorso clinico della malattia, né l’accumulo di nuove lesioni cerebrali.

Essi concludono che nei pazienti con sclerosi multipla il trattamento con angioplastica venosa del collo non è indicato, neanche se portatori di CCSVI.

Fonte: JAMA Neurology

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