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Evitare l’amputazione del piede diabetico con la rivascolarizzazione

Evitare l’amputazione del piede diabetico con la rivascolarizzazione.

L’ulcera del piede nei soggetti diabetici è il maggior rischio di amputazione. Ogni anno in Italia circa sette mila persone subiscono un’amputazione e oltre due mila perdono l’intero arto. Un’équipe multidisciplinare di chirurghi e diabetologi del Policlinico di Abano Terme, pratica una nuova tecnica per la rivascolarizzazione del piede diabetico che, assieme a procedure chirurgiche standardizzate a livello mondiale, riesce a evitare l’amputazione nel 95% dei casi.
Il piede diabetico si caratterizza per la presenza di ulcerazioni spesso complicate da infezioni cutanee che, se evolvono in cancrena, rendono l’amputazione, l’unica soluzione terapeutica possibile.

Purtroppo il paziente spesso non si rende conto di quali siano i rischi e quando si accosta alle cure, ormai è troppo tardi. Il dottor Enrico Brocco, responsabile dell’Unità operativa per il trattamento del piede diabetico del Policlinico di Abano Terme, spiega:
“La principale causa per cui un diabetico non si accorge di avere un’ulcera al piede è la neuropatia sensitiva, una progressiva perdita di sensibilità ai piedi, a causa della quale il soggetto non si accorge di essersi provocato delle ferite, che quindi sono trascurate. Su un’ulcerazione cutanea non curata il più delle volte insorgono infezioni e se il piede è ischemico, cioè non ben vascolarizzato dal punto di vista arterioso, le infezioni si trasformano presto in gangrena”.
L’amputazione è spesso l’inizio di un rapido peggioramento sia fisico sia psicologico, dal quale il paziente non si riprende più.
“Da un punto di vista psicologico i dati dimostrano che, in generale, i pazienti affetti da piede diabetico presentano forme di depressione – aggiunge il dottor Brocco – Il procedere della patologia con amputazioni minori e soprattutto maggiori, sopra la caviglia, può comportare un aggravio dello stadio depressivo e una riduzione della qualità della vita e dell’autosufficienza del malato. Naturalmente è possibile pensare a una riabilitazione con l’utilizzo di protesi ma nei soggetti più anziani, sopra i 70 anni, vi sono dati che evidenziano che più del 75% non ricomincia più a camminare”.
Ridurre il numero di amputazioni è dunque un obiettivo fondamentale per la cura del paziente diabetico e oggi esistono nuove tecniche terapeutiche in grado di trattare l’ulcerazione cutanea dai primi stadi fino alle forme più gravi.

Una speranza arriva dal Policlinico di Abano Terme, dove un’équipe multidisciplinare di diabetologi e chirurghi ha messo a punto una tecnica di rivascolarizzazione del piede diabetico, associata a tecniche chirurgiche di demolizione minimale e ricostruzione tissutale di avanguardia standardizzate a livello mondiale, arrivando a salvare dall’amputazione fino al 95% dei pazienti.
“Da circa due anni stiamo applicando una tecnica di rivascolarizzazione totale del piede, una sorta di angioplastica, in cui si cerca di portare alla pervietà tutti i vasi che scendono al piede. La tecnica prevede la riapertura fine alle arterie presenti nel piede, mediante l’inserimento di fili guida, di nichel-titanio o altri materiali biocompatibili, sui quali sono fatti scorrere micro palloncini che dilatano le arterie nel punto ostruito, ripristinando il flusso sanguigno. L’inserimento dei fili-guida avviene mediante un piccolo foro sull’arteria femorale a livello dell’inguine.”
Obiettivo di qualsiasi intervento chirurgico nel piede diabetico è quello di ottenere un piede guarito e nello stesso tempo in grado di permettere una deambulazione il più possibile priva del rischio di sviluppare ulteriori lesioni.
Le tecniche a disposizione per curare le ulcerazioni sono diverse. Al momento si applica la terapia a pressione negativa (NPWT) sulle lesioni in via di guarigione o in cui sia necessaria la ricostruzione dei tessuti del piede, attraverso l’applicazione di una pressione sub-atmosferica controllata direttamente sul letto di ferita. Sono allo studio nuove tecniche terapeutiche come i fattori di crescita con effetti rigenerativi e antinfiammatori, che sfruttano le proprietà di alcune cellule presenti del sangue, le piastrine, in grado di rigenerare e rinforzare i tessuti danneggiati o infiammati, senza effetti collaterali oppure le terapie con cute prelevata da donatori e trattata: tutte tecniche che sono allo studio presso i centri di ricerca”.

Fonte Italia Salute

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