Alzheimer: il sangue giovane mostra potenti effetti protettivi

Il morbo di Alzheimer, la forma più comune di demenza, potrebbe essere influenzato da fattori circolanti nel sangue. Negli esperimenti sui topi, il sangue di animali anziani ha accelerato l’accumulo di placche amiloidi e il declino cognitivo, mentre il sangue giovane ha mostrato effetti protettivi. Crediti: Shutterstock

Un nuovo studio dimostra che i componenti presenti nel sangue invecchiato possono accelerare l’accumulo di proteine ​​amiloidi e alterare il comportamento in un modello sperimentale di topo affetto dal morbo di Alzheimer.

Il morbo di Alzheimer è la principale causa di demenza in tutto il mondo e continua a rappresentare una sfida importante per i sistemi sanitari pubblici. Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Aging riporta che il sangue prelevato da topi anziani può accelerare la progressione dei cambiamenti correlati all’Alzheimer, mentre il sangue prelevato da topi più giovani sembra offrire benefici protettivi. La ricerca è stata condotta da scienziati dell’Instituto Latinoamericano de Salud Cerebral (BrainLat) presso l’Universidad Adolfo Ibáñez, in collaborazione con colleghi del MELISA Institute, dell’University of Texas Health Science Center di Houston e dell’Universidad Mayor.

La malattia è caratterizzata dall’accumulo di proteina beta-amiloide (Aβ) nel cervello. Questi depositi proteici formano placche che interferiscono con la comunicazione tra le cellule nervose e innescano i processi che portano alla neurodegenerazione. Sebbene la beta-amiloide sia prodotta nel sistema nervoso centrale, prove crescenti suggeriscono che possa essere presente anche nel flusso sanguigno, sollevando nuovi interrogativi su come si sviluppa e si diffonde l’Alzheimer.

Test su come i fattori ematici legati all’età influenzano il cervello

Per studiare il ruolo dei fattori legati all’età nel sangue, i ricercatori si sono rivolti a topi transgenici Tg2576 (un modello ampiamente utilizzato nella ricerca sull’Alzheimer). Per un periodo di 30 settimane, questi topi hanno ricevuto infusioni settimanali di sangue da animali giovani o anziani. L’obiettivo era determinare se le sostanze circolanti nel sangue potessero influenzare l’accumulo di placche amiloidi nel cervello e i cambiamenti comportamentali.

Rappresentazione schematica del regime di infusione del sangue
Rappresentazione schematica del regime di infusione di sangue (sangue da topi selvatici vecchi e giovani in topi Tg2576). Topi selvatici di età compresa tra 50 e 75 giorni (topi giovani WT) e topi selvatici di età compresa tra 443 e 532 giorni (topi anziani WT) sono stati utilizzati come donatori di sangue. Questo sangue è stato trasfuso a topi Tg2576 di 120 giorni, che sono stati poi sottoposti a trasfusioni settimanali e sacrificati a 363-366 giorni di età. Prima del sacrificio, i topi sono stati valutati per la memoria spaziale. Le analisi post-mortem hanno incluso valutazioni immunopatologiche, biochimiche e proteomiche dei tessuti cerebrali. Crediti: Aging

Questo lavoro collaborativo tra diverse istituzioni rafforza l’importanza di comprendere come i fattori sistemici condizionino l’ambiente cerebrale e influenzino direttamente i meccanismi che promuovono la progressione della malattia. Dimostrando che i segnali periferici derivati ​​dal sangue invecchiato possono modulare i processi centrali nella fisiopatologia dell’Alzheimer, questi risultati aprono nuove opportunità per studiare bersagli terapeutici mirati all’asse emato-encefalico“, ha spiegato la Dott.ssa Claudia Durán-Aniotz, dell’Instituto Latinoamericano de Salud Cerebral (BrainLat) presso l’Universidad Adolfo Ibáñez.

Misurazione della memoria, delle placche e dei cambiamenti proteici

Il team ha valutato le prestazioni cognitive utilizzando il test di Barnes, l’accumulo di placche amiloidi con tecniche istologiche e biochimiche, ed ha eseguito un’analisi proteomica completa dei cervelli trattati. Questa analisi ha rivelato oltre 250 proteine ​​differenzialmente espresse, legate alle funzioni sinaptiche, alla segnalazione endocannabinoide e ai canali del calcio, che potrebbero spiegare i cambiamenti osservati.

Riguardo alla partecipazione dell’Istituto MELISA a questa ricerca, Mauricio Hernández, esperto di proteomica presso il centro di ricerca e biotecnologia, ha commentato: “Nell’ambito di questo studio, abbiamo condotto un’analisi proteomica su larga scala che ci ha permesso di generare dati di eccellente qualità in questa matrice complessa come il plasma , una sfida tecnica per qualsiasi laboratorio di proteomica. Grazie alla nostra strumentazione all’avanguardia (timsTOF Pro2), siamo orgogliosi di aver contribuito alla produzione di un articolo scientifico solido e di alta qualità“.

Cosa suggeriscono i risultati e cosa succederà dopo

Questi risultati rafforzano l’idea che i fattori circolanti nel sangue possano influenzare direttamente la progressione di malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. La comprensione di questi meccanismi consentirà l‘identificazione di nuovi bersagli terapeutici e strategie preventive. Il passo successivo sarà determinare esattamente quali siano questi fattori e se sia possibile intervenire su di essi negli esseri umani.

È un piacere mettere a frutto le nostre competenze proteomiche per supportare iniziative di ricerca innovative come questo studio, che ci consentono di far progredire la conoscenza e lo sviluppo di nuove terapie per le malattie neurodegenerative, che attualmente rappresentano un problema di salute globale”, ha sottolineato il Dott. Elard Koch, presidente del MELISA Institute.

Riferimento: Aging 

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