Ventilazione enterale-immagine:astratto graafico credito Med.
La tecnica “Butt Breathing” sembra così stravagante che ha vinto il premio IgNobel nel 2024. Ma la scienza che sta dietro al salvataggio di persone con vie respiratorie bloccate e polmoni intasati mediante la somministrazione di ossigeno al corpo per via rettale non è uno scherzo.
Sulla rivista Med vengono infatti pubblicati i risultati positivi del primo studio clinico condotto sull’uomo per valutare i potenziali benefici della “ventilazione enterale”.
La ventilazione enterale è un approccio emergente che fornisce un’ossigenazione sistemica parziale indipendente dallo scambio gassoso polmonare, consentendo il riposo polmonare. La perfluorodecalina, un liquido clinicamente approvato con elevata solubilità in ossigeno, è un veicolo promettente per la somministrazione enterale di ossigeno. L’endpoint primario di questo primo studio clinico sull’uomo era valutare la sicurezza e la tollerabilità della somministrazione intrarettale di perfluorodecalina.
I pazienti con grave insufficienza respiratoria spesso necessitano di ventilazione meccanica per sopravvivere, ma queste terapie possono causare ulteriori danni polmonari. Gli scienziati stanno esplorando un nuovo metodo chiamato “ventilazione enterale” per somministrare ossigeno attraverso l’intestino, che potrebbe dare ai polmoni la possibilità di riposare e guarire. Questo studio ha valutato per la prima volta la sicurezza di questo metodo negli esseri umani, utilizzando uno speciale liquido chiamato perfluorodecalina con un’eccezionale capacità di trasporto dell’ossigeno. In uno studio condotto su 27 volontari maschi sani, gli autori hanno scoperto che la somministrazione di questo liquido per via rettale era sicura e ben tollerata. Questo importante traguardo in termini di sicurezza apre la strada a studi futuri per verificare se questa tecnica possa aiutare i pazienti con insufficienza respiratoria.
“Si tratta dei primi dati sull’uomo e i risultati si limitano a dimostrare la sicurezza della procedura e non la sua efficacia. Ma ora che abbiamo stabilito la tolleranza, il passo successivo sarà valutare l’efficacia del processo nel fornire ossigeno al flusso sanguigno”, afferma Takanori Takebe, MD, Ph.D., uno dei massimi esperti in medicina organoide con doppi incarichi presso il Cincinnati Children’s Hospital e l’Università di Osaka in Giappone.
Che cos’è la ventilazione enterale?
Questo concetto prevede un processo simile a un clistere che utilizza un liquido superossigenato per fornire ossigeno vitale al flusso sanguigno, assorbendolo attraverso il colon .
Un articolo chiave che descriveva dettagliatamente i primi risultati ottenuti su un modello suino è stato pubblicato sulla copertina di Med nel 2021 e successivamente nel popolare programma televisivo scientifico canadese “The Nature of Things”. Questo primo lavoro ha portato Takebe e colleghi a ricevere il Premio IgNobel nel 2024.
Se avrà successo nelle sperimentazioni umane in corso, questo processo relativamente poco tecnologico potrebbe consentire agli Ospedali di salvare le persone quando le vie aeree sono bloccate da lesioni o infiammazioni, o quando la funzionalità polmonare è gravemente limitata da infezioni e altre complicazioni.
Una nuova idea con radici decennali
L’ispirazione per questa procedura deriva in parte dall’osservazione delle capacità del botia, un pesce che si nutre di fondale e che può ingoiare aria dalla superficie e assorbire l’ ossigeno attraverso l’intestino, integrando così le branchie per sopravvivere in condizioni di scarsità di ossigeno.
Si basa anche sul lavoro dell’ex ricercatore del Cincinnati Children’s, Leland Clark, Ph.D. (nato nel 1918 e morto nel 2005), che anni fa inventò un liquido perfluorocarburo, ora chiamato Oxycyte. Sebbene il prodotto non abbia avuto successo come potenziale forma di sangue artificiale, il film del 1989 “The Abyss” includeva una famosa scena in cui un topo veniva mostrato mentre “respirava” il liquido speciale.
Risultati e prossimi passi
Il nuovo studio riassume i risultati ottenuti su 27 uomini sani in Giappone, ai quali è stato chiesto di trattenere quantità variabili di liquido perfluorocarburo (senza che il liquido venisse ossigenato) per 60 minuti.
Venti partecipanti hanno trattenuto il liquido per tutti i 60 minuti, comprese quantità fino a 1.500 ml. Ai volumi più elevati, i partecipanti hanno riportato gonfiore e fastidio addominale, ma non sono stati segnalati eventi avversi gravi.
Un passo successivo fondamentale sarà ripetere la valutazione utilizzando il liquido ossigenato per misurare la quantità di liquido necessaria e la durata dell’assunzione per migliorare i livelli di ossigeno nel sangue. Takebe e colleghi sperano infine di estendere la tecnologia all’assistenza neonatale.
Risultati
Conclusioni
Fonte: Med