HomeSaluteCervello e sistema nervosoEsiste un collegamento tra inibitori della pompa protonica e demenza?

Esiste un collegamento tra inibitori della pompa protonica e demenza?

Negli ultimi tempi la ricerca si è concentrata sul presunto collegamento tra l’utilizzo a lungo termine degli inibitori della pompa protonica (PPI) e l’aumento di insorgenza della demenza.

Ora, un nuovo studio pubblicato su Gastroenterology, afferma che l’uso costante di PPI non è collegato al declino cognitivo.

A queste conclusioni è giunto anche un altro studio pubblicato sul Journal of the American Geriatrics Society.
Questi risultati tuttavia, non risolvono completamente i problemi di sicurezza sull’uso a lungo termine degli inibitori della pompa protonica.
I ricercatori del Massachusetts General Hospital e della Harvard Medical School di Boston, guidati dal Dr. Paul Lochhead, hanno analizzato i dati derivati da studi precedenti che dimostravano questo collegamento.

Sono stati considerati anche i risultati del 2016 provenienti da una banca dati tedesca che dimostravano un aumento del rischio del 44% di sviluppo della demenza tra i soggetti che avevano assunto PPI.

E inoltre, anche studi sugli animali avevano sottolineato un potenziale meccanismo alla base di questa associazione (PloS One 2013; 8: e58837).

Diverse ricerche hanno evidenziato collegamenti tra questi farmaci e svariate patologie come polmonite acquisita in comunità, frattura dell’anca, carenze nutritive, malattie renali croniche e diarrea associata a Clostridium difficile.
Lo studio ha analizzato i dati relativi a 13.864 donne del Nurses Health Study, per quasi 3 decenni. I ricercatori hanno determinato l’utilizzo di PPI sulla base di questionari sottoposti alle partecipanti.
E’ stata valutata la funzione cognitiva con una serie di test neuropsicologici (di 15-20 minuti) nelle donne, compilati a domicilio.
Le donne avevano un’età compresa tra i 50 ei 70 anni e i deficit nelle capacità cognitive valutati dai test sono stati considerati come predittori di demenza.

Un piccolo calo delle prestazioni sui test di velocità e attenzione psicomotoria era collegato ad una maggiore durata dell’utilizzo dei farmaci PPI, tuttavia questa differenza è risultata “attenuata” quando i risultati sono stati aggiustati tenendo conto dell’uso di antagonisti del recettore H2 dell’istamina, usati per trattare ulcere e condizioni correlate.

I risultati di questo nuovo studio sembrano contraddire quelli dello studio tedesco che potrebbe aver risentito delle differenze nei livelli di istruzione o altre caratteristiche legate alla salute. Inoltre, gli autori hanno notato che la demenza è spesso sottodiagnosticata e i PPI sono spesso impropriamente prescritti.

Fonte: PubMed

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