HomeSaluteCervello e sistema nervosoCome i prioni uccidono i neuroni

Come i prioni uccidono i neuroni

Immagine di un neurone dell’ippocampo che mostra spine dendritiche (verde) e degli assoni / dendriti (rosso). Credit: Cheng Fang

Le malattie da prioni sono condizioni neurodegenerative fatali e incurabili che colpiscono sia gli uomini che gli animali. Eppure, come i prioni uccidono i neuroni è ancora poco chiaro. Uno studio pubblicato su PLoS Pathogens descrive l’assalto anticipato dei prioni  alle cellule cerebrali dell’ospite infettato.

Alcuni dei primi cambiamenti più critici nelle malattie da prioni, si verificano nelle connessioni (sinapsi) tra neuroni e specificamente nelle spine dendritiche che sono sporgenze poste sui rami post-sinaptici di un neurone che ricevono segnali da altri neuroni. Tuttavia, ad oggi, non vi nessun modello sperimentale in cui i primi cambiamenti degenerativi causati dai prioni possono essere studiati in coltura cellulare.

David Harris, della Boston University School of Medicine negli Stati Uniti D’America e colleghi, sostengono che la disponibilità di un sistema di coltura neuronale sensibile agli effetti tossici dei prioni, è cruciale per la comprensione dei meccanismi alla base della malattia e per identificare potenziali farmaci che bloccano la neurodegenerazione.

In questo studio i ricercatori hanno sviluppato un sistema che riproduce la neurotossicità da prione attraverso la degenerazione delle spine dendritiche in coltura di neuroni dell’ippocampo.

I ricercatori hanno iniziato la sperimentazione con la coltivazione di neuroni isolati dall’ippocampo ( una regione del cervello coinvolta nell’apprendimento e memoria) dei topi. Questi neuroni possono essere mantenuti in coltura per tre settimane, durante le quali si sviluppano dendriti maturi costellati di spine dendritiche che contengono i recettori chimici che ricevono segnali da neuroni vicini.

Quando i neuroni in coltura sono stati esposti ad estratto di cervello di topi con malattia prionica ( che sono noti per contenere grandi quantità di prioni infettivi), hanno mostrato cambiamenti rapidi e drammatici: presentavano grave retrazione di spine dendritiche, ridotta densità complessiva e ridotte dimensioni delle spine dendritiche rimanenti. Questi cambiamenti nelle spine dendritiche si sono verificati senza distruzione su larga scala dei neuroni, suggerendo che rappresentavano i primissimi eventi che influenzano il funzionamento dei neuroni, prima della loro morte effettiva.

E’ noto che lo sviluppo delle malattie da prioni comporta un’alterazione della normale proteina prionica cellulare ( designata PrPC), tale che essa assume una forma anomala (designata PrPSs) che risulta tossica per i neuroni e può propagare un’infezione che corrompe la forma delle molecole supplementari di PrPC, in una sorta di reazione a catena.

Per verificare se gli effetti di PrPSc nelle colture cellulari dipendevano da normale PrPC dei neuroni, i ricercatori hanno generato colture di neuroni ippocampali da topi che sono stati geneticamente modificati per la mancanza di PrPC. I ricercatori hanno scoperto che queste colture erano resistenti all’esposizione ai prioni tossici, cioè non hanno mostrato nessuna delle variazioni nelle spine dendritiche osservate nei neuroni di topi normali, con PrPC.

Infine i ricercatori hanno testato i neuroni da topi transgenici che esprimono molecole mutanti di PrPC che mancavano di una regione specifica che interagisce con i prioni tossici. E, in effetti, i ricercatori hanno scoperto che questi neuroni, proprio come i neuroni senza PrPC, erano immuni alla tossicità da prioni.

I ricercatori riassumo i risultati come segue: ” Abbiamo descritto un nuovo sistema in grado di riprodurre la neurotossicità acuta da prione, basata sulla degenerazione PrPSc indotta sulle spine dendritiche dei neuroni ippocampali. Il sistema fornisce nuove informazioni sui meccanismi responsabili della neurotossicità da prioni e fornisce una piattaforma per testare potenziali agenti terapeutici. Poichè la perdita delle spine dendritiche è un tema comune a molte malattie neurodegenerative, tra cui il morbo di Alxheimer, la malattia di Huntington e il morbo di Parkinson, suggeriamo che essa contribuisce allo sviluppo dei sintomi clinici in questi pazienti”.

Inoltre, i ricercatori suggeriscono anche che il loro sistema permette ” confronti diretti tra meccanismi patogeni coinvolti nelle malattie da prioni e altre patologie neurodegenerative”.

Fonte: Medicalxpress

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