Alzheimer: scoperta della Johns Hopkins potrebbe spiegare la malattia

Alzheimer: gli scienziati della Johns Hopkins Medicine affermano che i nanotubi intercellulari (sottili connessioni a ponte, prevalentemente verdi) contribuiscono a creare un ulteriore livello di rete comunicativa tra i neuroni. Crediti: Minhyeok Chang, Ph.D.

Gli scienziati della Johns Hopkins hanno scoperto che i neuroni formano minuscole reti di nanotubi per trasportare tossine come la beta-amiloide.

La scoperta dimostra come le cellule cerebrali possano eliminare i rifiuti, ma anche diffondere involontariamente proteine ​​correlate all’Alzheimer.

Svelata la rete di tubi nascosti del cervello

I ricercatori della Johns Hopkins Medicine hanno scoperto come il cervello dei mammiferi formi intricate reti tubolari che trasportano le sostanze tossiche dentro e fuori dalle cellule cerebrali.

Lo studio, pubblicato il 2 ottobre su Science e finanziato dai National Institutes of Health, ha utilizzato topi geneticamente modificati e strumenti di imaging avanzati per osservare queste strutture microscopiche. I ricercatori ritengono che la scoperta possa gettare nuova luce sui processi biologici alla base del morbo di Alzheimer e di altre malattie neurodegenerative, aprendo potenzialmente la strada a future strategie terapeutiche.

Il sistema di trasporto segreto del cervello

Nel corso dei loro esperimenti, gli scienziati hanno osservato la formazione di nanotubi che sembravano aiutare i neuroni a rimuovere piccole molecole dannose, tra cui la beta-amiloide, una proteina nota per la formazione di grumi appiccicosi che segnano il cervello delle persone affette dal morbo di Alzheimer.

Le cellule devono liberarsi delle molecole tossiche e, producendo un nanotubo, possono trasmetterle a una cellula vicina”, afferma l’autore corrispondente Hyungbae Kwon, Professore associato di neuroscienze presso la Johns Hopkins University School of Medicine. “Purtroppo, questo si traduce anche nella diffusione di proteine ​​dannose in altre aree del cervello”.

Utilizzando potenti microscopi e tecniche di imaging di cellule viventi, il team ha osservato come i neuroni creassero sottili estensioni simili a dita tra i loro dendriti, le strutture ramificate che collegano le cellule cerebrali. Questi “nanotubi dendritici” sembravano agire come stretti canali che permettevano a piccole molecole tossiche di spostarsi da un neurone all’altro.

Le lunghe e sottili strutture a colonna di questi nanotubi dendritici aiutano a trasferire rapidamente le informazioni da un neurone all’altro”, afferma Kwon. “Questi nanotubi possono trasportare calcio, ioni o molecole tossiche e sono ideali per inviare informazioni a cellule lontane”.

Primi indizi sull’Alzheimer

I modelli computazionali del processo documentati dai ricercatori nei nuovi esperimenti imitano il processo dell’amiloidosi precoce”, riferisce il team, “e scoprono uno strato di connettività nanotubulare nel cervello che va oltre la normale comunicazione tra le cellule cerebrali”.

Kwon afferma che queste scoperte potrebbero aiutare i ricercatori a comprendere meglio come sviluppare trattamenti per le patologie neurodegenerative, tra cui il morbo di Alzheimer.

Vedere i nanotubi in azione

Nei loro esperimenti, gli autori hanno prelevato piccoli campioni di tessuto dal cervello di topi da laboratorio normali e hanno utilizzato microscopi ad alta potenza per caratterizzare la funzione e la struttura dei nanotubi all’interno dei neuroni. La nuova tecnologia microscopica ha permesso agli scienziati della Johns Hopkins di osservare le strutture dei nanotubi nei minimi dettagli e di osservare come trasferissero materiali tra le cellule cerebrali.

Gli scienziati hanno poi confrontato campioni di tessuto cerebrale di topi normali con campioni di tessuto cerebrale di topi geneticamente modificati per sviluppare il caratteristico accumulo di amiloide tipico del morbo di Alzheimer.

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Nanotubi e progressione dell’Alzheimer

I ricercatori affermano che i topi con malattia di Alzheimer presentavano un numero maggiore di nanotubi nel cervello a tre mesi di età, quando i topi erano asintomatici, rispetto ai topi normali della stessa età. A sei mesi di età, il numero di nanotubi nei topi normali e in quelli con malattia di Alzheimer ha iniziato a uniformarsi.

Osservando più da vicino i neuroni umani (campionati con autorizzazione da un database di microscopia elettronica accessibile al pubblico), gli scienziati hanno identificato nanotubi con una morfologia simile che si formano tra i neuroni nello stesso modo in cui li hanno sviluppati i topi da laboratorio.

Fonte: Science

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