HomeSaluteCervello e sistema nervosoAlzheimer: nuovo approccio terapeutico dal neurotrasmettitore orexin

Alzheimer: nuovo approccio terapeutico dal neurotrasmettitore orexin

Un  nuovo studio pubblicato in The Journal of Experimental Medicine suggerisce che un approccio per prevenire la malattia di Alzheimer potrebbe risiedere in un neurotrasmettitore chiamato orexin.

Orexin, chiamato anche ipocretina, è un neurotrasmettitore che regola l’eccitazione, la veglia e l’appetito.

Il cervello contiene pochissime cellule che producono orexin: in un cervello umano, in circa 10.000/20.000 neuroni, ci sono anche i recettori per orexin.

I ricercatori della Scuola di Medicina della Washington University a St. Louis (WUSTL), hanno scoperto che i topi privati di orexin dormivano più a lungo e avevano rallentato in modo significativo la produzione di placche cerebrali.

Le placche cerebrali sono ammassi anormali di frammenti di proteine ​​beta amiloidi che si accumulano tra le cellule nervose e rappresentano una caratteristica nota della malattia di alzheimer. Gli scienziati ritengono che il rallentamento o l’arresto di questo accumulo potrebbe rallentare o fermare la malattia.

Orexina è una proteina che stimola lo stato di veglia. Esso è prodotto dalle cellule situate nell’ipotalamo – una piccola sezione del cervello che controlla molte funzioni, tra cui il sonno.

Bassi livelli di orexina sono legati a narcolessia, una condizione caratterizzata da eccessiva sonnolenza e frequenti periodi di sonno diurno.

Bloccare orexin per aumentare il sonno può essere un modo per ridurre il rischio di Alzheimer

In studi precedenti, i ricercatori della Washington University in St. Louis, hanno dimostrato che sia nelle persone che nei topi, la perdita di sonno contribuisce alla produzione di placche cerebrali e aumenta il rischio di sviluppare la demenza.

Il professor David M. Holtzman, autore senior del nuovo studio e capo del Dipartimento di Neurologia presso la WUSTL School of Medicine, sostiene che orexin può essere un potenziale bersaglio per la prevenzione della malattia di Alzheimer. Il blocco di orexin per aumentare il sonno nei pazienti con alterazioni del sonno, o forse anche per migliorare l’efficienza del sonno nelle persone sane, può essere un modo per ridurre il rischio di Alzheimer.

Topi privi di orexin dormivano più a lungo e sviluppavano solo la metà delle placche cerebrali

Per il nuovo studio, il team ha utilizzato topi che erano stati geneticamente modificati per sviluppare placche cerebrali. Ma quando sono stati allevati questi stessi topi privi del gene per orexin, la loro prole dormiva più a lungo e sviluppava solo la metà del numero di placche sviluppate da topi non modificati.

Secondo Holtzman le cellule dell’ ipotalamo che producono orexin,  “hanno rami che portano orexin in tutto il cervello. Se viene stimolata la produzione di orexin nei topi che dormono, essi si svegliano immediatamente”.

Quando hanno ripetuto l’esperimento e al contrario aumentato artificialmente nei cervelli dei topi i livelli di orexin, i ricercatori hanno trovato che i topi rimanevano svegli per periodi più lunghi e sviluppavano più placche cerebrali.

Ma quando il team ha alterato livelli di orexin in una sola parte del cervello dei topi e non in tutto il cervello, ha scoperto che non è stata alterata la quantità di tempo che gli animali hanno dormito e non sono cambiati i livelli di placca.

“Quest’ultimo esperimento mostra che orexin incide sui livelli di placca solo quando colpisce anche il sonno”, dice il Prof. Holtzman, che significa ” che dovremo riflettere attentamente su come utilizzare orexin/target per la prevenzione del morbo di Alzheimer. In ogni caso, il calo dei livelli di placca che abbiamo osservato nei topi è davvero molto forte, quindi siamo ancora molto interessati ad esplorare il suo potenziale di riduzione del rischio”.

Il team sta ora esaminando il farmaco Belsomra, il primo farmaco che ha come bersaglio orexin ed è stato recentemente approvato dalla FDA .

Fonte

Potential role of orexin and sleep modulation in the pathogenesis of Alzheimer’s disease, Jee Hoon Roh, et al., J Exp Med, published online 24 November 2014, doi:10.1084/jem.20141788, abstract.

Washington University in St. Louis news release accessed 28 November.

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