Gli scienziati hannno bloccato la proteina cerebrale tossica responsabile del Parkinson in uno studio epocale.
Scienziati dell’Università di Bath, in collaborazione con colleghi delle Università di Oxford e Bristol, hanno creato una nuova molecola che impedisce a una proteina chiave di aggregarsi nel cervello. Questa proteina, chiamata alfa-sinucleina, è collegata al morbo di Parkinson e ad alcune forme di demenza. Il team di ricerca ha già dimostrato che la molecola è efficace in un modello animale di Parkinson e ritiene che potrebbe in futuro portare a un trattamento che rallenti la progressione della malattia.
L’alfa-sinucleina è una proteina presente principalmente nelle cellule cerebrali (neuroni), dove aiuta a controllare il rilascio di messaggeri chimici come la dopamina, che consentono ai neuroni di comunicare tra loro.
Nelle persone affette dal morbo di Parkinson, l’alfa-sinucleina inizia ad accumularsi, formando aggregati dannosi che danneggiano e uccidono le cellule nervose. Questo processo innesca i sintomi motori della malattia, tra cui tremori, rigidità e difficoltà nel controllo dei movimenti. Sebbene i farmaci attuali possano alleviare questi sintomi, non esiste ancora una cura per il Parkinson.
Stabilizzazione dello stato naturale delle proteine
“Normalmente, lo stato naturale o “nativo” dell’alfa-sinucleina è simile a un filamento flessibile, ma quando è attivo assume la forma di un’elica, fondamentale per la sua funzione di legare e trasportare particelle di dopamina”, spiegano gli autori.
Il team ha progettato un frammento peptidico che blocca l’alfa-sinucleina nella sua forma sana, bloccandone la conversione in grumi tossici che causano la morte delle cellule nervose.
I test di laboratorio hanno dimostrato che il peptide è stabile, penetra nelle cellule simili a quelle del cervello e ripristina il movimento riducendo al contempo i depositi proteici in un modello di verme affetto dal morbo di Parkinson.
Questa scoperta, pubblicata sulla rivista JACS Au, dimostra il potenziale della progettazione razionale dei peptidi per trasformare proteine grandi e instabili in molecole compatte simili a farmaci.
I risultati segnano un passo significativo verso lo sviluppo di nuovi trattamenti basati su peptidi per patologie neurodegenerative attualmente incurabili.
Il Professor Jody Mason, del Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Bath, ha dichiarato: “Il nostro lavoro dimostra che è possibile progettare razionalmente piccoli peptidi che non solo prevengono l’aggregazione proteica dannosa, ma funzionano anche all’interno dei sistemi viventi. Questo apre una strada entusiasmante verso nuove terapie per il Parkinson e le malattie correlate, per le quali le opzioni terapeutiche restano estremamente limitate”.
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Reazioni degli esperti e potenziale futuro
La Dr.ssa Julia Dudley, responsabile della ricerca presso l’Alzheimer’s Research UK, che ha finanziato la ricerca, ha affermato: “La demenza non è una parte inevitabile dell’invecchiamento; è causata da malattie come l’Alzheimer. Per progredire verso una cura per tutte le forme di demenza, abbiamo bisogno di una ricerca focalizzata sullo sviluppo di un’ampia gamma di trattamenti in grado di rallentare, arrestare e infine invertire queste malattie. Sebbene si tratti di una ricerca iniziale su un modello animale, è entusiasmante vedere che questa nuova molecola può prevenire l’accumulo di alfa-sinucleina mal ripiegata”.
Stabilizzando l’alfa-sinucleina nella sua forma sana, si potrebbe aprire la strada a una nuova classe di trattamenti in grado di rallentare la progressione di malattie come il Parkinson e la demenza a corpi di Lewy. “Non vediamo l’ora di vedere questa ricerca portata alla fase successiva, esplorando potenzialmente il suo funzionamento nelle persone. Siamo lieti di vedere progressi così promettenti derivanti dal lavoro finanziato dall’Alzheimer’s Research UK, che aprono nuove strade per i trattamenti del futuro e hanno il potenziale di cambiare la vita delle persone colpite da malattie neurodegenerative”, ha aggiunto laa Dr.ssa Julia Dudley.
Sono necessarie ulteriori ricerche, ma il team spera che i continui progressi consentiranno a queste e a molecole simili di avanzare verso la sperimentazione clinica nei prossimi anni.
Fonte: JACS Au