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Sradicato il cancro invasivo alla prostata aumentando l’immunità innata

Cabozantinib, un farmaco già utilizzato per il trattamento di pazienti con alcuni tipi di cancro alla tiroide o cancro del rene, è stato in grado di sradicare il cancro alla prostata  nei topi, inducendo le cellule tumorali a secernere fattori che portano i neutrofili – il primo-responder del sistema immunitario – ad infiltrarsi nel cancro dove innescano una risposta immunitaria che lo ha sradicato.

Il farmaco, commercializzato come Cometriq, aumenta il rilascio di segnali chimici specifici, noti come CXCL12 e HMGB1, nelle cellule del cancro alla prostata.

Questi segnali inducono i neutrofili, prodotti nel midollo osseo, ad affluire nel tumore e attaccare le cellule cancerose. Nei topi con cancro alla prostata aggressivo, il trattamento ha sradicato il cancro entro 48/ 72 ore.

Lo studio è stato pubblicato online l’8 marzo 2017 in Cancer Discovery.

Si noti che questa è la prima dimostrazione che un farmaco di questo tipo (un inibitore della tirosin-chinasi) può attivare l’immunità innata anti-tumorale con la conseguente eliminazione del cancro invasivo. I ricercatori suggeriscono anche che il farmaco potrebbe essere utilizzato come parte di un nuovo approccio in combinazione con l’immunoterapia del cancro.

( Vedi anche:Perchè la terapia di deprivazione androgenica non funziona per molti tipi di cancro alla prostata).

“Abbiamo osservato dastiche risposte antitumorali”,  ha detto l’autore dello studio e ricercatore, oncologo  Akash Patnaik, Assistente Professore di medicina e Direttore del Developmental Therapeutics Laboratory e Attending Physician within the Genitourinary Oncology Program alla University of Chicago Medicine.

“I risultati di questo studio sono davvero inaspettati”, ha aggiunto il co-autore Lewis Cantley, Direttore del Sandra and Edward Meyer Cancer Center alla Weill Cornell Medicine a New York City.

Cabozantinib, approvato dalla FDA nel 2012 per il cancro della tiroide e nel 2015 per il carcinoma renale avanzato, è stato recentemente testato nello studio COMET-1 sugli uomini con carcinoma metastatico della prostata, ma i risultati sono stati deludenti. Alcuni dei pazienti ha avuto una buona risposta, ma molti no.

«Perché alcuni di questi pazienti hanno risposto e altri non, non è ancora chiaro”, ha detto Cantley.

A seguito dei risultati deludenti in un sottogruppo di pazienti con cancro alla prostata avanzato nella sperimentazione di fase II, Patnaik e colleghi hanno iniziato a testare il farmaco in laboratorio. Nel loro modello di topo con cancro alla prostata, cabozantinib ha causato una drastica riduzione dei tumori nel giro di pochi giorni. Ma durante il test su linee cellulari di cancro alla prostata in una piastra di Petri, aveva relativamente poco effetto.

I ricercatori si sono interrogati sul perchè di questi contrastanti risultati ed hanno trovato la risposta.

“Il farmaco non uccide direttamente le cellule tumorali, ma rilascia i fattori che stimolano un attacco da parte del sistema immunitario innato”, ha detto Cantley.

La chiave è attrarre i neutrofili con segnali chimici CXCL12 e HMGB1, nelle cellule tumorali. Quando i ricercatori hanno bloccato la produzione di questi segnali, il farmaco non è stato efficace.

“I nostri risultati spiegano perché alcuni pazienti nello studio COMET-1 non hanno beneficiato del farmaco”, ha detto Patnaik. “Questo studio di fase III ha incluso pazienti che avevano già ricevuto la chemioterapia aggressiva, che può aver compromesso il loro sistema immunitario”.

E’ stata fatta una ricerca supplementare per capire come Cabozantinib produce questo effetto, “Questa ricerca solleva la possibilità che una nuova classe di farmaci potrebbe essere sviluppata per il trattamento dei tumori stimolando un attacco da parte di neutrofili”, ha spiegato Cantley.

Da alcuni anni, lo sviluppo più emozionante nella ricerca sul cancro è stato l’emergere di immunoterapie, farmaci  come ipilimumab, nivolumab e pembrolizumab che consentono al sistema immunitario adattativo, in questo caso le cellule T, di entrare nelle cellule e attaccare i tumori, tuttavia vi è stata poca attenzione alle potenzialità del sistema immunitario innato.

“I neutrofili possono essere potenti quanto le cellule T”, ha dichiarato Patnaik che ora spera di utilizzarli in terapie di combinazione.

“Sulla base dei nostri risultati che mostrano che cabozantinib può attivare l’immunità innata e superare un microambiente tumorale immunosoppressivo, stiamo progettando studi clinici per testare la combinazione di cabozantinib e cellule T in sottotipi specifici di cancro avanzato del rene e cancro alla prostata. Il nostro obiettivo”, ha detto Patnaik, “è quello di migliorare le risposte anti-cancro a lungo termine attivando sia la risposta immunitaria innata che adattiva”.

Fonte: Medicalxpress

 

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